Roma, 27 maggio – Quando il 29 maggio di 30 anni fa (1985) ci mettemmo di fronte al televisore per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra il Liverpool (che due anni prima aveva battuto la nostra Roma) e la Juventus non avremmo mai pensato di diventare testimoni oculari di una delle più grandi tragedie della storia del calcio. Ben 32 tifosi juventini, arrivati a Bruxelles per vedere la loro squadra conquistare la prima Coppa dei Campioni della sua storia, morirono nel settore Z dello stadio, travolti dagli hooligans inglesi, che l’alcool aveva trasformato in belve feroci. Li caricarono, li schiacciarono contro le balaustre e alcuni di loro precipitarono dalle gradinate, poco prima che iniziasse la partita.
Morti anche per l’inadeguatezza dell’Heysel, un impianto vecchio e obsoleto per ospitare un evento così importante e dei servizi di sicurezza belgi.
Sul campo vinse la Juve 1-0 con un rigore di Platini, ma molti dei giocatori allora in campo quel trofeo non lo sentono proprio, visto che tutti rammentano che furono obbligati a giocare da quelle stesse forze dell’ordine che, per la loro inefficienza, avevano consentito la tragedia. Intanto le 39 vittime erano state allineate nelle stanze dello stadio e un intero spicchio dell’Heysel era rimasto senza tifosi, transennato davanti alle macerie.
Le vittime dell’Heysel saranno ricordate a Bruxelles con una cerimonia pubblica e a Torino in una messa alla Chiesa della Gran Madre di Dio, alle 19,30. “La giornata del 29 maggio – sottolinea la società bianconera sul suo sito ufficiale – sarà dedicata al ricordo da parte di tutti i tesserati Juventus. Per troppi anni quelle 39 vittime sono state oggetto di scherno finalizzato unicamente ad attaccare i colori bianconeri: un’azione vile che non dovrebbe trovare cittadinanza in nessuno stadio ed in nessun dibattito sportivo. Questo anniversario dovrà essere utile anche alla riflessione per evitare che simili comportamenti si ripetano”.
Da avversari sportivi della Juve quali siamo, concordiamo in pieno con quanto scritto dalla società. Il calcio non deve dividere con l’odio, ma unire con la passione, pur mantenendo intatta la sana rivalità sportiva che esiste tra le diverse squadre.