Roma, 2 marzo 2017 – Si fa un gran parlare di chi sia l’allenatore più bravo in Italia: Allegri o Spalletti, o Sarri o Montella, o Pioli o Di Francesco , o Paulo Souza, o altri….ma di Simone Inzaghi ne vogliamo parlare?
Vogliamo occuparci adeguatamente di questo educato giovanotto piacentino che ( regnanti CT Dino Zoff e Trapattoni) ha indossato tre volte la maglia azzurra? In amichevole contro la Spagna in coppia con suo fratello Filippo, superstar milanista?
Che, approdato nel 1999 dal Piacenza alla Lazio, ha immediatamente conquistato lo scudetto per poi restare a vita nel club biancoazzurra sia con Presidente Cragnotti sia con Lotito. Un paio di volte è stato prestato alla Sampdoria ed all’Atalanta, ma poi la Lazio lo ha sempre richiamato a Roma.
Fintanto che nel 2010, a 34 anni, ha deciso di rescindere il suo contratto professionistico per divenire allenatore degli allievi biancoazzurri.
Una scelta coraggiosa che la dice lunga sulla determinazione di Inzaghino , come è soprannominato per distinguerlo dal più celebre fratello maggiore Filippo.
Capace, determinato o fortunato, la strada sportiva di Simone è quella di un vincente. Da giocatore : uno Scudetto; 3 Coppe Italia, 1 Supercoppa Italiana, 1 Supercoppa Uefa.
Non meno brillante la carriera di allenatore che all’esordio lo vede subito conquistare il titolo di Allievi Regionali; viene promosso tecnico degli allievi nazionale e quindi passa alla Primavera biancoazzurra con cui nel 2014 conquista la Coppa Italia Primavera, battendo la Fiorentina; e quindi la Supercoppa superando il Chievo 1-0.
Il Presidente Lotito lo considera uno dei suoi preferiti assieme al D.S. Igli Tare ed a Maurizio Manzini. È affidabile, l’uomo giusto per guidare l’altra sua squadra, la Salernitana in Serie B. Poi, improvvisamente, l’ennesimo scivolone di Pioli porta, a furor di popolo, il 4 aprile 2016 all’esonero del tecnico parmense dalla prima squadra.
Per gestire l’emergenza fino a fine campionato (e non buttare denaro) il Presidente si affida ad Inzaghi , mentre insegue il celebratissimo allenatore argentino Marcelo Bielsa.
Intanto cosa ti combina Inzaghino con la prima squadra? Vince la sua prima partita da allenatore della massima squadra a Palermo per 3-0. Quindi, complessivamente realizza in 7 partite i 12 punti che consentono alla Lazio di andare in Europa League. La Lazio in extremis ha salvato la stagione. Bielsa,nel frattempo, ha firmato. Inzaghi torna disciplinatamente nei ranghi in partenza per Salerno.
Termina a fine giugno il mercato è arriva il colpo di scena fortunato per Simone.
Bielsa, un tipo da prendere con molle. Un personaggio assai ricco che fa l’allenatore di calcio per hobby. Decide che Lotito non ha mantenuto la parola e non ha rinforzato la squadra come convenuto. Rimane in Argentina a guidarne la Nazionale.
Lotito è un tipo che non cede mai di un millimetro, specie se ci sono quattrini di mezzo. A farla breve si va in causa. Il Presidente – felicissimo per il risparmio – richiama quello che è già un suo stipendiato, per di più dimostratosi bravo. Fa il migliore affare della sua vita presidenziale.
Ieri 1 marzo 2017, con la Lazio, quinta in classifica e bene in Lizza per un finale da Champions League, si è permessa il lusso di strapazzare la Roma per 2-0 nel derby ed ipotecare la finale di Coppa Italia.
Avendo fresche negli occhi le prestazioni delle squadre che vanno per la maggiore – Juve, Roma, Napoli, Inter, Milan, Fiorentina, Sassuolo – la Lazio di Inzaghi ha mostrato di possedere attualmente una marcia. Solo l’Atalanta mostra un calcio altrettanto valido ed efficiente. Un gioco che consente ai calciatori di offrire il meglio di sé. Certo i top-player a volte fanno la differenza, ma non sempre come ben sanno tante squadre titolate e blasonate.
In effetti giocatori biancoazzurri nel derby sono apparsi tutti top player a cominciare dal belga- congolese Lukake assoluto dominatore della fascia sinistra sia in difesa che in attacco. Milinkovic è onnipresente e scaltro in qualsiasi situazione. Per non parlare di Ciro Immobile che mostra una padronanza del suo ruolo di attaccante che in Italia ha solo Bellotti. E che dire di Felipe Anderson (e poi di Balde Keita quando gli è subentrato)? Due velocissime spine nel fianco , oggi diventate anche altruiste. Una squadra che corre, pressa, occupa ordinatamente tutti gli spazi; che dialoga in velocità con ottimo palleggio ritrovandosi ad occhi chiusi.
Tutto ciò, questa maturazione, non è certo frutto della giornata e, forse, della scarsa vena mostrata da una Roma pensata male da uno Spalletti che decide di tenere in panchina De Rossi per impiegare 11 stranieri su 11 giocatori in campo. Decide di arretrare Nainggollan allontanandolo dalla zona gol e di sostegno a Dzeco. E mandare in campo Totti negli ultimi 5 minuti (umiliante) sullo 0-2 e a giochi compromessi.
Tutto ciò mentre Inzaghi si toglieva il gusto di immettere sul campo due ragazzini del suo vivaio giovanile Luca Grecco ed Alessandro Murgia che si sono ottimamente inseriti nel coro.
Bravo Simone Inzaghi. Non sei più Inzaghino.