Roma, 14 ottobre 2020. Della S.S. Lazio, hanno parlato in tanti, carta stampata, radio, TV, social, tifosi di ogni specie ed estrazione.
Le ultime esternazioni si stanno diradando anche e soprattutto perché sabato 17 ricomincia la sarabanda e sarà un crescendo fino alla fine dell’anno.
Lascio da parte le più intime pulsioni di più specifica appartenenza al tifo e voglio esprimere alcune considerazioni da giornalista asettico.
Il motivo del contendere è la campagna acquisti-cessioni della Lazio, che quest’anno dopo 13 anni ritorna a frequentare il palcoscenico più ambito: la Champions League.
Quasi tutti credevano che, in virtù di munifiche entrate provenienti dalla prestigiosa Coppa, il sig. Lotito avrebbe affondato i colpi per far spiccare il volo alla Lazio.
Quantomeno incidere nel potenziamento mirato ad alcuni ruoli della rosa, per esempio uno/due difensori, su precise richieste dell’allenatore.
E’ inutile avventurarsi su stucchevoli giudizi sul perché o percome il tecnico abbia veramente avuto voce in capitolo o sia stato ignorato dalla società.
Non lo sapremo mai e non ce lo diranno mai.
STRATEGIA DELLA SS. LAZIO
Quello su cui voglio soffermarmi è capire l’effettiva strategia della Lazio, intesa naturalmente come società.
Personalmente non ho mai preteso di affiancarmi a realtà inavvicinabili a livello italiano come Juventus, Inter e Milan, anche se dal punto di vista del bilancio…
Intendiamoci, inavvicinabili per tradizione sportiva acquisita sul campo e per i mecenati che negli anni hanno travasato, nelle tre società, fiumi di denaro.
La Lazio nei suoi 120 anni di storia ha messo sul campo un’altissima tradizione di sport, praticati a vari livelli, non solo calcio.
Il bacino d’utenza della Capitale d’Italia, con tutto quello che può comportare, è enorme e da questo punto di vista la Lazio non è mai stata inferiore alle tre grandi.
Negli ultimi anni il fair-play finanziario (?), l’attenzione alla certificazione dei bilanci, ha fatto sì che le risorse fossero impiegate in modo oculato.
La mia critica parte dal 2007, anno in cui si andò in Champions senza un minimo potenziamento della rosa che fu tardivamente sostenuta nel mercato di riparazione invernale.
Da quell’anno per 10 anni la Lazio non ha avuto uno sponsor degno di tale nome, con le uniche interruzioni nelle stagioni 2017/2018 e 2018/2019.
Quello che si è sempre percepito è un’assoluta mancanza di una strategia di medio-lungo periodo relativa al marketing, alla comunicazione e al settore tecnico.
Senza farla troppo lunga basterebbe copiare quello che dal 2006 sta facendo l’Atalanta del Presidente Percassi, che oltretutto sta dotando il sodalizio di uno stadio di proprietà.
Con una squadra senza stelle faraoniche è arrivata nello scorso agosto a due minuti da una semifinale di Champions!
Si è saggiamente autofinanziata con cessioni di giocatori prodotti nel settore giovanile, poi si sono fatti successivi reinvestimenti, mirati, concordati con l’allenatore.
Grande merito va ad un signore, il direttore sportivo Giovanni Sartori, che non sbaglia un colpo e che non becca lo straccio di un qualsiasi premio a differenza di altri.
Hanno capito nell’ultima stagione che possono centrare il bersaglio grosso e anche nell’ultima sessione di mercato hanno acquistato giocatori di spessore.
La Lazio anche doveva fare poche cose ma estremamente mirate, invece stiamo sperando che le ennesime scommesse possano rivelarsi delle solide realtà come ama dire Lotito.
Bergamo non è Roma come indotto e neanche Milano ma ha dimostrato che con le IDEE, senza godere di enormi capitali, si può andare lontano.
ULTIME RIFLESSIONI
Ultime due riflessioni: la Lazio aveva la qualificazione Champions praticamente acquisita già dallo scorso febbraio ed i primi rinforzi per la nuova stagione, tranne uno, sono stati dati ad Inzaghi a ritiro quasi ultimato.
L’organico biancoceleste già da qualche anno ha degli atleti oltre la trentina che continuano ad essere titolari, spremuti all’inverosimile, su tre competizioni annue.
Ai posteri l’ardua sentenza. Credo l’abbia detto già qualcuno…