Il Mondiale di Calcio Russia 2018, visto da un’altra angolazione.
Roma, 16 luglio 2018 – Non si può nascondere: in primo luogo perché non c’era l’Italia. Tutto ce lo ha fatto rimpiangere a cominciare dalla mancanza sostitutiva di un calcio spettacolare. Infatti sono via via state ridimensionate e poi sparite le squadre-spettacolo del Sud America, da sempre il serbatoio show della pelota.
A cominciare dal Brasile di Neymar, patetico e ridicolo nelle sue sceneggiate da vittima di maltrattamenti. Tollerate in particolare dall’arbitro molto politico italiano Rocchi.
Anche l’Argentina di Messi ha fatto da subito una magra figura.
Così il mito Germania, Spagna e via dicendo.
Quindi è anche saltata la squadra di casa, la Russia, nonostante un calendario fatto su misura per favorirla.
Alla fine è andata avanti la vecchia Europa quella dei campionati più ricchi che fa incetta dei migliori talenti del mondo ma poi ingabbia tutto nella tattica attendivistica dello sterire “possesso palla” che da quello positivo e spettacolare del Barcellona e della Spagna, si è via via trasformato in un vero e proprio antigioco che più noioso non potrebbe essere.
Un antigioco in cui anche le squadre con giocatori talentuosi come il Belgio di Hazard, hanno finito per svilirsi.
Alla fine i gol, quelli che rappresentano la sintesi del calcio spettacolo, hanno finito per arrivare dai calci piazzati, sfruttati al massimo punizioni e calci d’angolo.
La Francia che schiera nei ruoli nevralgici giocatori di altissimo spessore come Griezmann, Mbappe, Pogdba, Giraud, è venuta a capo della Croazia in virtù prima di un casuale autogol di testa di Mandzukic – su calcio di punizione per un fallo (presunto) sullo stesso formidabile Numero 7 francese – e poi su un rigore concesso via Var.
Al proposito l’uso del Var è stato assolutamente negativo. Peggiore di quello fatto in Italia che è tutto dire.
Mentre da noi il Var è utilizzato (giustamente) anche per interventi di carattere disciplinare, in Russia la FIFA ha badato solo ad utilizzarlo telemetricamente.
Il rigore che ha condannato la Croazia, infatti, è stato avallato dal Var solo e soltanto sulla base del contatto fra il braccio di Perisic ed il pallone. Un intervento su calcio d’angolo in un’azione convulsa e confusa. Un contatto assolutamente involontario.
L’insulsaggine di tale interpretazione sta nella non considerazione della volontarietà del misfatto. Quando il VAR non esisteva, la volontarietà era alla base di qualsiasi decisione arbitrale. Almeno nel senso che una volta che il giocatore si è mosso, è saltato senza usare le braccia come eventuale schermo verso il pallone, il giocatore è a posto.
Invece il Var non è intervenuto quando Neymar contro il Messico finge di essere stato massacrato dal messicano Layun. Rocchi, l’arbitro italiano, consulta il Var, legge con i colleghi l’evidenza della sceneggiata provocatoria ma non emette sanzioni. Né contro il messicano, innocente come si era visto sin dal primo momento, nè sul brasiliano che ha fermato il gioco per 5 minuti!
Tra parentesi, Rocchi è stato elogiato da ogni dove per la sua prova politicamente corretta che salvava il Brasile e la sua stella. I carioca sono riusciti a superare il Messico (che aveva già inguaiato la Germania), ma poi hanno fatto la fine che meritavano.
Dunque, un Mondiale sostanzialmente noioso. Senza passioni, che ha visto il trionfo finale di due squadra mediterranee che l’Italia conosce bene per averle strettamente vicine.
Soprattutto la Croazia con i suoi giocatori migliori che giocano nello Stivale. In campo quasi sembrava di vedere Inter e Juventus. Invece, alla fine è stata la Francai dell’ex Juventino Pdogba ad alzare la Coppa al Cielo.
Una faccenda un po’ in famiglia. La Croazia avrebbe potuto fare di più, ma essere andata due volte in svantaggio – per un autogol ed un Var – ha pesato pesantemente sulla forza morale del gruppo croato che come spesso accade ai popoli slavi, tendono ad arrendersi quando le cose vanno male. Per capirsi, sono di stoffa non inglese. Quando i loro tentativi di rimonta si sono rivelati troppo ardui, non hanno più avuto la forza di farsi animo e combattere. Tecnicamente avrebbero potuto farcela. Anche atleticamente. La Francia, pure, era lì lì per cedere. Ma solo taluni (pochi) come gli “Italiani” Mandzukic e Perisic (i due protagonisti più jellati) avevano ancora l’animus pugnandi per andare alla carica; molti altri restavano indietro ad attendere, rassegnati, il fatale fischio finale. Ha vinto la Francia – che anche nell’amichevole contro gli azzurri aveva dimostrato di aver le carte in regola.
Ma il calcio migliore – nel senso di più divertente e spettacolare – è stato quello della medaglia di bronzo, il Belgio, in qualche momento ubriacante, grazie al talento di Eden Hazard, stella del Chelsea nel campionato inglese. Il 27enne belga non ha la possanza di Ronaldo, ma è un normotipo di 1,73 di altezza che ammaestra il gioco a centrocampo ed è capace di accelerazioni improvvise che lasciano di sasso ogni avversario. Segna e fa segnare. Ovvero sogna e fa sognare. È lui il migliore di Russia 2018.
Appena, di poco, una spanna, dietro di lui, nonostante la conquista del Mondiale (merito diretto suo) è Antoine Griezmann attaccante centrocampista dell’Atletico Madrid. Anche lui 27enne, alto tre centimetri più di Hazard.
Non ha l’accelerazione bruciante del belga, ma è veloce e sa sempre quale è la cosa giusta da farsi ed il suo sinistro è perfetto negli assist da calci di punizione o calci d’angolo.