Qualche giorno fa a Catania si è celebrata l’anteprima sperimentale in Italia con l’amichevole a Catania fra Betis e Milan. Si sono imposti gli spagnoli per 2-1 in virtù anche di due interventi del VAR (Video Assistant Referee) che ha corretto due errori dell’arbitro Devoti. Il primo relativo ad un gol in fuori gioco del milanista Andrè Silva, il secondo assegnando il rigore della vittoria del Betiz per un fallo milanista di braccio su una punizione dal limite.
In entrambe le circostanze, l’occhio televisivo ha sconfessato quello umano con sommo dispiacere del tecnico milanista Montella.
Rivoluzione nel calcio, dunque, come da tempo immemorabile rivendicato.
A ben analizzare la faccenda, si può essere di tutt’altro avviso.
Il VAR all’italiana, quello codificato e diventato legge in Italia e gestito dalla Lega di serie A, non è quello originario FIFA – che per acronimo si legge VART, dove la T sta per Technology – ma uno tutto “italiano”, privo della T, che lascia solo la parola Referee (arbitro) come soggetto dell’espressione in ogni suo significato.
Non è più il termine Tecnologia a dare la parola fine ma la decisione presa tra tre arbitri. Quello in campo ed i due Assistant in regia i quali devono essere entrambi arbitri di serie A. Uno, il VAR 1, che regolarmente ogni settimana dirige una partita del massimo campionato. Il secondo, VAR2, deve comunque essere inserito nel giro gettonato della Serie A.
Dunque ogni settimana ci saranno 10 nuovi gettoni per arbitri di serie A. Ogni gettone è costituito da una quota base di 3.800 euro più le spese. Mediamente una spesa (introito) di 4.500-5.000 euro a comparsa. Questi emolumenti vanno a sommarsi allo stipendio medio annuo che per i novizi è 45.000 euro, per gli internazionali arriva ad 80.000. Non male per una seconda attività sportiva e dilettantistica!
Capito il giochino del VAR cosa significa? Uno che rientra nel Panel di arbitri di serie A raddrizza le proprie finanze mediamente con 10-20 mila euro in più ogni mese a seconda di quante volte viene chiamato a condurre la moviola in campo.
Inoltre, questa novità tecnologica va a sanare un’altra perdita di occasione di facile lucro a buon mercato. L’eliminazione dei cosiddetti addizionali di porta, i due arbitri “poco facenti”, i fissi dietro la porta per verificare ciò che accade nei pressi della rete (frequentemente sbagliando i loro rari interventi). L’avvento della fotocellula che automaticamente segnala che la palla è finita in rete, anche per un millimetro, ha di fatto reso superflua tale presenza.
Il VAR è dunque, un sistema, che anziché ridimensionare il potere arbitrale e garantire le verità tecnologiche incontrovertibili, consegna alla classe arbitrale ancora più potere, arricchendola economicamente a dismisura.
Chi è infatti preposto a chiamare l’intervento del VAR ? L’arbitro in campo poco convinto della propria decisione (o del guardialinee) o i due Assistant Referee in regia.
Chi valuta le immagini fornite da 12 telecamere più quelle dei broadcaster? I due Assistant Referee ed, eventualmente, l’arbitro in campo presso la postazione a bordo campo.
Chi dice la parola fine? L’arbitro in campo.
Non bastasse, c’è sempre un altro arbitro, profumatamente gettonato, a bordo campo che controlla ogni situazione: il famoso Quarto Uomo.
L’istituzione sofferta del VAR – resasi inevitabile per il successo ottenuto negli altri sport dall’avvento della tecnologia sul campo per minimizzare gli errori umani – in realtà tradisce in pieno le ragioni per cui è stata adottata ovvero affidare, sul momento, alla tecnologia il compito di non alterare il risultato sportivo rendendo palese a tutti i motivi della correzione.
L’ausilio tecnologico ha reso più bello e giusto tutto lo sport a cui è approdato con indubbi vantaggi anche per lo spettacolo. Rugby, tennis, pallavolo sono le discipline che ne hanno avuto miglior lustro. L’arbitro televisivo è diventato un elemento essenziale per lo spettacolo sul campo.
Prendiamo il rugby, per esempio.
Più l’arbitro è bravo ed esperto, più ricorre all’ausilio del gesto di fare un quadrato per richiamare la TV.
I riformatori calcistici italiani, stanno realizzando un pasticcio colossale per il timore di modificare troppo lo statu quo. Di screditare l’arbitro se la moviola corregge un errore. Soprattutto teme l’atteggiamento del pubblico allo stadio.
Negli altri sport, come il rugby, quando il maxi schermo mostra tutte le immagini rallentate dell’accaduto che documentino la realtà , è uno dei massimi momenti di spettacolo. Tutti con il fiato sospeso finche luce non viene pienamente fatta. La meta concessa od annullata. Il calcio di punizione assegnato o negato. L’espulsione annullata o confermata. Si tratta del massimo privilegio concesso a chi va allo stadio e paga il biglietto.
Al contrario, i responsabili del VAR all’italiana, hanno imposto che i maxi schermi rimangano muti e che espongano soltanto che “sono in corso accertamenti “ fino a che l’arbitro non dà il segnale di ripresa di gioco, quale che sia, scaturita da decisioni misteriose.
Si ha quasi l’impressione che questa Moviola in campo non sia altro che un regalo fatto a chi detiene l’esclusiva della trasmissione delle partite di serie A. Questi, infatti, potranno mandare in onda tutto quello che tecnicamente si può fare, avendo il medesimo accesso ai segnali, mentre gli arbitri si danno da fare.
Dunque, questo Var può suonare come un ulteriore invito a disertare gli stadi e starsene comodamente a casa per assistere a tutto, proprio tutto quello che conta nel caso delle situazioni che hanno coinvolto il VAR.
Ed essere preparatissimi a discuterne al bar…
Un’ultima notazione importante. Per l’attività del Var, non è previsto alcun recupero. Si tratta di una normale operazione di gioco, come quella del giocatore infortunato che aspetta l’intervento del medico. O quello di un’espulsione contestata. Il classico minutino.
In realtà è un’altra utopia inventata dai “riformatori”: circoscrivere il tempo dell’intervento completo del Var a frazioni di minuto.
Il protocollo studiato cerca di far fare tutto nella massima fretta: l’arbitro o l’Assistant rileva che ci sono gli estremi per un intervento. Var 1 vede le immagini in contemporanea: Var2 rivede le stesse immagini con un ritardo di 3-4 secondi per studiare l’accaduto. Le immagini possono non essere quelle giuste, dalla telecamera più idonea fra le tante che appaiono in contemporanea nella regia. Per fare qualcosa di serio ed attendibile, non basta certamente un minuto. Specie quando poi anche l’arbitro deve andare alla postazione, guardare le migliori inquadrature sul monitor, parlare con gli assistenti e prendere la decisione definitiva.
Insomma l’intento sarebbe quello di mantenere a tutti i costi la fluidità del gioco già troppo frammentata dagli infortuni, perdite di tempo vere o forzate, sceneggiate, proteste, sostituzioni con passerella del giocatore in uscita.
La moviola in campo, con queste premesse, non andrà lontano. O la si accetta come momento per la verità e ulteriore spettacolarità oppure risulterà quello che è cioè una faccenda che non è né carne né pesce destinata soltanto a creare ulteriori confusioni ed a favorire potere e portafogli degli arbitri e TV.
Quanto ai timori che la moviola in diretta sui maxischermi possa fomentare l’ira di qualche spettatore, si tratta ancora una volta della testimonianza di come a certe sfere di incompetenza (nel calcio, come in politica) si continui a considerare la gente, anche i tifosi, come degli individui primitivi ed irresponsabili che non sanno distinguere il falso dal vero. Si affrettino a modificare queste convinzioni altrimenti saranno fatalmente cancellati dalla storia.
Non si capisce, infatti, perché in tutti gli sport la moviola sia salutata con gioia e soddisfazione e nel calcio no!