La partita fu programmata come anticipo serale al venerdì 2 febbraio, su richiesta del sindaco di Catania per la concomitanza, domenica 4 febbraio, della festa di Sant’Agata patrono della città etnea.
La gara aveva un alto coefficiente di rischio, vista la forte rivalità tra le due tifoserie, e fu sospesa dall’arbitro Farina per circa quaranta minuti, a seguito di un nutrito lancio di lacrimogeni operato dalla Polizia che rese l’aria irrespirabile, per intemperanze nella curva ospite dove i tifosi del Palermo, arrivati allo stadio addirittura ad inizio secondo tempo, furono oggetto di un tentativo di aggressione da parte dei catanesi.
Dopo che l’incontro fu portato a termine si verificarono, fuori lo stadio, tafferugli contro la polizia locale, con più di centoventi feriti da ambo le parti, ed in questo contesto l’Ispettore Raciti perse la vita a seguito di un trauma epatico, ossia la “rottura” del fegato causato da un corpo contundente.
Un episodio del genere fu un vero e proprio pugno nello stomaco nelle coscienze generali, considerando il teatro della tragedia e cioè uno stadio di calcio dove, teoricamente, si dovrebbe godere e fruire dello spettacolo in maniera ludica e civile.
Al di là di questo i provvedimenti che furono presi non portarono assolutamente a niente; palliativi come l’annullamento della successiva giornata di calcio, successivamente recuperata, l’azzeramento di amichevoli internazionali per la Nazionale di calcio e niente più.
Oggi, a dieci anni di distanza, la sicurezza negli stadi di calcio è stata parzialmente risolta con misure cervellotiche che hanno via, via allontanato la gente dagli impianti, complice anche la vetustà degli stessi.
A Roma, per rimanere ad esempi a noi vicini, si sono inventati barriere che hanno di fatto vivisezionato le due curve, con accessi tortuosi e controlli al limite della prevaricazione che però hanno consentito all’ex Ministro degli Interni Alfano di snocciolare dei dati che rilevavano il crollo degli incidenti allo stadio, con un piccolo particolare che negli ultimi tempi le due curve sono pressoché deserte!
Qualche anno fa mi trovavo a Londra ed andai a vedere una gara del Chelsea, allo Stamford Bridge, e notai una fluidità di smaltimento del flusso dei tifosi senza il minimo disagio, nei giusti tempi, in uno stadio accogliente, dotato addirittura di aree “non fumatori”, seppur all’aperto, e di locali, all’interno dello stesso, atti all’eventuale fermo di qualche facinoroso, in attesa poi del processo per direttissima.
Raciti aveva da poco compiuto 40 anni e lasciò moglie e due figli all’epoca di 15, Fabiana, e 8 anni, Alessio. La cosa vergognosa, non tanto da parte del coniuge, è stata negli anni constatare nei due ragazzi l’assoluta perdita di speranza che nel nostro Paese si possa avere una giustizia e, soprattutto, un’educazione all’altezza di uno Stato civile.
Questi ragazzi hanno scoperto sulla propria pelle l’educazione dell’italiano medio, popolo da condominio non solo nello sport, quando uscirono magliette con la scritta che inneggiava alla libertà di colui che fu condannato dalla Cassazione per omicidio preterintenzionale; qual è lo sdegno se ancora oggi negli stadi si sentono cori contro Paparelli, il tifoso laziale morto all’Olimpico in occasione di un derby del ‘79, oppure gli striscioni di qualche domenica fa a Firenze che significavano, con un eloquente -39, le vittime juventine della strage dell’Heysel del ’85? Oltre ai cori goliardici (eufemismo) del “devi morire” quando si fa male un avversario, oppure ancora quando consentiamo ad uno come Schettino di fare delle consulenze in qualche ateneo!
Filippo Raciti fu insignito della medaglia d’oro al valor civile alla memoria, consegnata alla moglie qualche mese dopo l’assassinio.
Almeno quello…..