Roma, 19 gennaio 2021 – Il Derby d’Italia come quello del Cupolone. Da una parte due squadre in splendida salute, Lazio ed Inter. Dall’altra due formazioni in piena involuzione, Roma e Juventus.
Più grave la crisi bianconera, testimoniata a San Siro con Inter-Juventus, da numeri inauditi di resa sul terreno di gioco per qualsiasi undici calcistico.
Il primo tiro in porta juventino si registra, infatti, al 37′ del primo tempo, quando Ronaldo da una trentina di metri, ha telefonato un pallone forte ma centrale verso le braccia di Handanovic.
Poi, fino allo scadere di 95 minuti ( 90+5) un’altra unica occasione, quella di Chiesa all’87’ bene intercettata del portiere neroazzurro.
C’è poco da disquisire di fronte ad un crac storico senza precedenti.
Non ci si può nemmeno arrampicare sui vetri delle assenze di Dybala e Quadrado quando si parla di un club che annovera una rosa fra le migliori del mondo.
Il prodotto del lavoro di 6 mesi della gestione Pirlo, ha portato in campo una formazione che in difesa ha presentato tre “ottuagenari” statici: Danilo, Bonucci e Chiellini nonchè un ragazzino imberbe, Frabotta.
Non già giovani talenti moderni in linea con i dettami tecnico-tattici del calcio attuale tipo il Bastoni interista, od il laziale Lazzari.
La fase attaccante, invece, la Juve l’ha risolta non già con la creazione di gioco, ma aritmeticamente, ovvero aumentando il numero di punte puando a 3 elementi: Ronaldo, Morata , Chiesa.
A fare da raccordo fra reparti – a compartimenti stagni – tre tradizionali centrocampisti – Bentacour, Rabiot, Ramsey, anonimi portatori di palla od al massimo interditori.
Dove vorrebbe andare questa Juventus, tenuto ben conto dell’incapacità cronica, tecnica e tattica, di realizzare la minima parvenza di pressing sull’avversario?
Attraverso allenamenti specifici. Programmati e realizzati nei tempi opportuni?
Macchè! Se ne riparlerà! Ed allora, non si va da nessuna parte!
Specialmente quando ci si trova di fronte, un Inter che ha curato ogni minimo dettaglio e sta trovando la quadra dopo mesi di attento e mirato lavoro.
Antonio Conte in primo luogo ha impiegato i mesi di Covid per mettere a punto l’indispensabile fattore pressing e selezionare giocatori e ruoli. Quindi. ha iniziato a ruotarli per ottenere il meglio.
Per esempio, Del Piero ha elogiato in TV la qualità di Hakimi. Non è un caso che il difensore marocchino, nato a Madrid e cresciuto nel Real, sia a Milano.
È stato l’ultimo acquisto della gestione Suning prima delle crisi finanziaria mondiale. Marotta ha pattuito l’acquisto del 22enne esterno della nazionale del Marocco per 40 milioni (la prima rata posticipata a marzo).
Conte ci ha creduto e progressivamente lo ha inserito. È il prototipo dell’esterno che tutti vorrebbero avere in squadra: tecnica, fisico atletico e velocità di gambe.
Un” tesoro di fascia” tipo l’ex juventino Spinazzola, pedina imprescindibile delle fortune della Roma.
Imbarazzante davvero il confronto fra le realtà attuali di Inter e Juventus.
Dispiace constatare quanto sia affannosa la gestione bianconera da parte dell’imperscrutabile regista (ex Milan e Juve) evolutosi allenatore.
L’Undici pilotato da Pirlo fino a ieri balbettava, oggi appare assente anche nelle prospettive. Per arrivare a tirare in porta, ad un certo punto, ha inserito ancora un altro paio di offensivi virtuosi della pelota, Kulusewski e Bernardeschi.
Ma dietro (dove comincia il gioco moderno) sono rimasti gli ultra trentenni Danilo, Bonucci, Chiellini! Elementi senza propulsioni. Da gioco alla ‘viva il parroco’.
Tra di loro gli interisti passeggiavano offrendosi continue occasioni da goleada.
In definitiva, un Derby d’Italia contrassegnato da un divario sconcertante.
Merito di uno o demerito dell’altro? Entrambe le ipotesi. Ma fondamentalmente per demerito bianconero.
L’Inter ha trovato le strade spalancate davanti a se come mai le era capitato in stagione, anche contro le presunte ultime della classe.
Prescindere, comunque, Conte ha lavorato molto bene e con grande lucidità. Qualcosa sicuramente sta ottenendo. Sarà difficile resistere all’attuale suo passo. Anche al Milan.
Questo stato di salute e di progresso ha ritorni importanti che vanno oltre la città di Milano, Cina o Marocco. Interessano tutta l’Italia calcistica.
Al di là della meraviglia per la crescita di Hakimi, il derby d’Italia ha mostrato che il vero segreto a livello individuale e collettivo dell’Inter, sono B&B, due ragazzi italiani che si chiamano Nicolò Barella e Alessandro Bastoni.
Il centrocampista cagliaritano ormai non sbaglia una partita da sempre. È leader e riferimento continuo in ogni frangente. Anche le segnature neroazzurre nascono prevalentemente da sue iniziative.
La partita: rete personale irresistibile in contropiede; ma anche assist per la testa di Vidal sulla prima rete. A proposito dove erano Bonucci e Chiellini?
Quanto al difensore Bastoni, a soli 21 anni, si è permesso di neutralizzare in ogni frangente un certo Ronaldo, ma anche operare con precisione ed acume tattico l’assist da 50 metri della rete di Barella.
Il tutto per la gioa del CT azzurro Roberto Mancini.