Serie A – Juve-Inter. Questione di pressing
Roma, 8 dicembre 2019 – Per Inter e Juventus sono arrivati i primi passi falsi. Per il Napoli, invece, continua la crisi. La formazione di Ancelotti ormai passa nel dimenticatoio in attesa che De Laurentiis giubili il tecnico.
L’attenzione è tutta sulle capolista finora considerate da troppi esperti come se fossero di un’altra categoria solo perché avevano fatto incetta di grandi campioni ed anche di tecnici rinomati o sulla cresta dell’onda, profumatamente pagati.
In poca considerazioni veniva tenuto il fatto che i copiosi successi della coppia fossero striminziti, fortunosi e, soprattutto, non accompagnati da una qualità di gioco all’altezza del talento dei giocatori a disposizione.
E che per assistere ad un calcio qualitativamente elevato ed all’altezza dei tempi bisognava andare a Bergamo, Cagliari e quindi anche a Verona. Con Lazio e Roma decisamente in crescita.
Per bianconeri e neroazzurri, insomma, troppi successi per il rotto della cuffia.
Statisticamente prima o dopo, la pallina della roulette calcistica finisce per cambiare colore.
Ed è proprio quello che sta accadendo. E gli accadimenti calcistici italiani cominciano a mostrare la reale consistenza delle due squadre negli appropriati contesti che devono considerare tutti gli elementi a disposizione, ivi compresa l’incidenza del logorio dai molti impegni.
Inter e Juve hanno in comune un paio di fattori importanti: rose imponenti disegnate assieme ai rispettivi tecnici (entrambi nuovi).
Vale ricordare, per inciso, che Conte ha dato l’OK alla partenza di Radja Nainggolan, un fenomeno che sta guidando il Cagliari verso la Champions .
Ovvio che per entrambe le squadre vada considerato un periodo di avviamento ed adattamento, specie quando agli allenatori venga richiesto di cambiare, modernizzare, il tipo di gioco praticato dai predecessori Allegri e Spalletti.
Questo processo di transizione – alla luce dei fatti e della necessità di apportare ogni novità con la macchina in corsa – sta stranamente avvenendo meglio a Milano con Conte che a Torino con Sarri; che pure è uno dei migliori esponenti della nouvelle vogue calcistica ormai imperante dappertutto e dovrebbe essere padrone di ogni metodologia a riguardo.
Il primo passaggio per Juve ed Inter doveva essere l’adozione del “pressing” a tutto campo cui né Juve né Inter erano preparate..
Senza il pressing una squadra non può essere dominante, Barcellona insegna.
Per effettuare un pressing adeguato occorre una preparazione mentale quanto fisica. Una intensità cui il giocatore in Italia non è abituato. Il dispendio psico-fisico per muoversi collettivamente in maniera coordinata è, infatti, tale che se non sei aduso a tale attività, puoi andare in tilt.
È accaduto così che, mentre Conte – che sempre ha badato a richiedere ai giocatori la massima intensità a prescindere dai moduli tattici – è riuscito in tempi decenti di ottenere dai suoi un decente pressing rinviando le disposizioni tecniche come il palleggio ad un secondo momento – Sarri a Torino abbia sottovalutato il problema pressing dal punto di vista atletico concentrandosi di più sulle necessità tattiche e tecniche. Così sono nati: le difese con due soli difensori puri (Bonucci e De Ligt) ; Quadrado è diventato terzino; Bernardeschi, trequartista arretrato; l’alternanza Ronaldo-Higuain-Dybala (mortificante più che esaltante).
La Juve, comunque, vinceva ed era imbattuta nell’intera Europa, anche se non esaltava. Il pressing sarebbe arrivato progressivamente a completare l’impresa.
Ed invece, non è stato così.
All’Olimpico contro la Lazio, finalmente si è vista la Juventus attesa. Per mezzora ha dominato la scena mettendo, con il suo pressing ed il successivo palleggio e verticalizzazioni, in estrema difficoltà la miglior Lazio.
Il ritorno al gol (ed al sorriso) di Cristiano Ronaldo è stato un capolavoro tattico tecnico con interventi di prima intenzione di Bentacour–Dybala e conclusione di CR7.
Poi però la Juve ha finito la benzina. Una cosa è la teoria. Una cosa la pratica. Il professore Sarri forse, sul suo quaderno, non lo aveva sottolineato: il pressing brucia energie a dismisura.
Il carburante era finito. La Juve è rimasta alla mercè della Lazio. Bonucci e De Ligt sono rimasti inchiodati a terra ad osservare Luis Felipe che per la prima volta siglava una rete (e di testa); Milinkovic bruciava l’intera difesa con una incursione spietata sull’ennesimo assist di Luis Alberto. Perfino il modestissimo Caicedo si prendeva il lusso di umiliare la Signora mentre Immobile la graziava facendosi parare il rigore dal miglior juventino, il portiere Szczesny.
Insomma una significativa debacle sulla quale riflettere. La Juve distrutta dal suo stesso Pressing. Sembra un paradosso.
Grave? Non grave?
Rimediabile sicuramente. Il parco juventino è tale da poter fronteggiare qualsiasi situazione.
Se ci fossero idee ed umiltà. Per riprendere il cammino e non perdere ulteriore quota, bisognerebbe temporaneamente tornare all’antico. Al gioco-Allegri: speculativo ma vincente; così come Sarri aveva fatto fino alle sostituzioni immotivate di Ronaldo in Russia e poi in campionato. Hanno distrutto il campione portoghese rilanciando Dybala. Cercando, piano piano, di impostare fisicamente il pressing.
Chissà? Intanto c’è da dire: uno) che non si incontrano tutti i giorni squadre come il Sassuolo e la Lazio; due) che l’Inter rimane sempre a 3 punti ed anche a Milano i problemi non mancano sul piano del gioco che ancora latita.