Roma, 20 luglio 2020 – In attesa dei soliti ‘falli dei calciatori avversari’ che portano ai calci di rigore a favore della Juve, a Torino questa notte la ‘Signora’ potrebbe liquidare sia la pratica della spenta Lazio che quella del nono scudetto consecutivo.
Ieri notte, all’Olimpico dell’Urbe, Roma ed Inter hanno dato dimostrazione di essere finalmente giunte a maturazione, mettendo in scena una partita dagli alti contenuti tecnico-tattici moderni cui è mancata soltanto la cornice del pubblico sugli spalti.
Peccato che tanto Conte che Fonseca, abbiano impiegato più di due anni per quadrare il cerchio della propria nota competenza allungati dal Corona Virus.
Hanno, comunque, impiegato bene il proprio tempo durante la Pandemia.
Hanno visto, studiato bene la situazione in casa propria e quella altrui. Hanno approfondito i segreti dell’Atalanta , del Sassuolo, del Verona e persino di formazioni brave e sfortunate come il Lecce di Liverani, ieri vittima incolpevole del Genoa in un match decisivo per lo scudetto.
Hanno sviscerato le fortune del gioco corto e del palleggio di queste squadre tatticamente ben attrezzate ed hanno cercato di ricrearle all’interno del contesto dei propri giocatori.
Alla fine di questo processo, si sono entrambi detti: perchè no?
E si sono messi al lavoro. Hanno rinunziato agli schemi cui si erano abituati ed hanno approfittato della pausa Covid-19, per fare la rivoluzione in casa propria. Sono saltate subito le schematizzazioni tattiche numeriche. Quelle che siano: 3-4-2-1 per la Roma; 3-5-2 per l’Inter e via balle dicendo.
Si sono concentrati non tanto sui numeri ma sugli uomini più adatti, guardando soprattutto al di là della Manica, dove il calcio, assimilato il gioco corto e fraseggiato di impostazione spagnola-Guardiola, si impone grazie alla valenza superiore tecnica ed atletica dei migliori campioni sul mercato.
In primo luogo, comunque, il pressing difensivo ed il possesso palla corto ed accurato. Più disponi di campioni, di talenti tecnici, meglio riuscirà il possesso palla, preparatorio all’affondo offensivo.
Sotto questo profilo l’Inter, assieme alla Juve, è il club più dotato in Italia. Ma non tutti questi talenti sono sempre in grado di essere compatibili con le nuove necessità.
Mettiamo il caso di Lukaku. Il classico supermbomber, centro boa (ti tipo pallanuotistico, potente e mancino. Inesorabile con la porta davanti. Per portarlo in maglia neroazzura, l’Inter ha investito una cifra record. Ma lui fisicamnte con il fraseggio corto ha poco da spartire. La sua mole pachidermica gli impedisce la danza leggera, agile e continua che, invece, posseggono giocatori di taglia minore.
Chi sono i maestri di questo fraseggio? Papo Gomez dell’Atalanta e Lorenzo Insigne del Napoli. Entrambi non arrivano all’170 per meno di 70 chilogrammi!
Romelu Lukaku è un colosso alto 1,92m. per 1 quintale circa. Per girarsi impiega un secolo. Segna tanti gol, ma se il Manchester United lo cede, ci sarà pure una ragione tecnica. Bene che ti combina il nostro Conte, magari litigando con tutta la dirigenza responsabile di questo record in casa neroazzura, 75 milioni di Euro? Lascia l’osannato, inesorabile “puntero” (che va in rete soltanto da situazioni statiche e non da azione manovrata) e promuove due brevilinei come Lautaro Martinez e Alexis Sanchez lasciando il colosso belga in panchina. Promuove come ispiratore un cursore tecnico ed agonista quale Antonio Candreva. Pretende da tutti la massima concentrazione nel non dare tregua all’avversario in chiave pressing difensivo. Impone il possesso palla corto, a partire dal portiere; anche se Hagdanovic riscontra qualche rischioso problema.
A questo punto il gioco è quasi fatto. La via è trovata. Si affermano elementi utili da subito per la Nazionale di Mancini, come il difensore Bastoni.
Quanto a Lukaku, il gigante buono belga se ne sta tranquillo e sorridente in panchina pronto generosamente a dare il meglio di sè al momento giusto, magari mettendo infallibilmente a segno i calci di rigore, all’ultimo minuto.
Per la Roma di Fonseca il discorso si ripropone pari pari , ma senza ricominciare interamente da capo come ha saputo fare umilmente Antonio Conte.
Il tecnico giallorosso – che non dispone della rosa prestigiosa del suo collega milanese – ha dovuto soltanto aggiornare qualche schema del suo programma e scegliere gli uomini più giusti. Ma, considerando che ancora non può contare pienamente su Zaniolo, si arrangia con quello che ha , sfruttandolo al meglio, come nel caso di Dzeko, di Bruno Perez ed, in particolare, di Spinazzola, tornato tonico e pimpante come ai tempi di Atalanta e Juventus che gli meritarono la maglia azzura.
Lui da una parte e Candreva dall’altra, sono stati i veri protagonisti di questo Inter-Roma, pareggio meritato da entrambi. Match giocato, per di più, all’nsegna del massimo fair play: nessun fallo cattivo!
Unico neo, l’ennesimo calcio di rigore concesso dal Ponzio Pilato del giorno , l’arbitro brindisino Di Bello in combutta con il Var, per fallo inesistente per volontarietà.
Come è andata? L’ottimo Spinazzola (in delirio euforico vincente) si inventa un dribling spettacolare nella propria area di rigore per una ripartenza con possesso palla. Tutto ciò a tempo praticamente scaduto e vittoria sicura. Cicca il pallone, però, perchè il neo entrato interista Mose ha infiltrato il proprio piede fra quello del romanista e la sfera.
Di Bello lascia continuare. Il gioco cambia sponda con contropiede giallorosso. Quindi la consueta pantomima fra arbitro Ponzio Pilato e Var che si conclude con il rigore del 2-2 realizzato da Lukaku, da poco in campo.
Il pareggio, meritato da entrambe, serve solo alla Juventus.
Un regalo del tecnico portoghese.
Conte per riprendere la partita era ricorso a varie sostituzioni, compreso Lukaku, che non avevano modificato l’equilibrio in campo favorevole alla Roma.
Ma, allora, Fonseca per quale benedetta ragione – a parte quella dettata dalla mania di tanti allenatori di stupire, di fare il Pierino della situazione – ha deciso nel finale di una partita che stava in quel momento controllando su un Inter in affanno, operare nei minuti finali sostituzioni non necessarie, immettendo a freddo giocatori come Perrotti per il regista Pellegrini e il giovane Carles Perez per Michitaryan?
A 7 minuti dal termine!!
Un regalo a Conte che guasta decisamente il bilancio complessivo del portoghese in una partita curiosamente all’insegna degli incerti del destino.
Le nemesi: De Vrij al 15′ va in rete con un prepotente stacco di testa, ma al 46′ devia nella propria rete un’iniziativa di Spinazzola. Spinazzola che, all’88’, tenta un inutile gioco di prestigio che si conclude nel rigore del pareggio interista per 2-2.