Roma, 12 dicembre 2017 – Lazio-Torino, 16a giornata di campionato. Immobile è in area di rigore e va al cross, Iago Falque respinge con il braccio larghissimo. Giacomelli non indica il dischetto e in attesa del Var l’azione prosegue: giocata sontuosa di Milinkovic-Savic con il cucchiaio a innescare proprio Immobile, destro di controbalzo, palo a Sirigu battuto.
L’attaccante torna a protestare per il rigore e cade nella provocazione di Burdisso, accennando una testata che diventa una carica di petto. L’argentino va a terra, il Var reclama attenzione e tutti attendono l’epilogo più logico: rigore per la Lazio ed espulsione per l’attaccante (il tentativo basta e avanza per la sanzione). La durata dell’esame video è ridottissima e regala la beffa ai biancocelesti: niente penalty, rosso per il centravanti della Nazionale.
L’Olimpico è una bolgia, per Giacomelli è la terza espulsione diretta suggerita dalla tecnologia: dopo Bonucci e De Rossi, ne fa le spese Immobile. In tutti e tre gli episodi, il fischietto triestino non aveva visto nulla.
A beneficio del lettore abbiamo preso in prestito ciò che hanno scritto a caldo due organi di stampa editorialmente neutrali a Lazio-Torino, La Gazzetta dello Sport e La Repubblica. Per ribadire quello che è apparso agli occhi di tutti: spettatori dell’Olimpico e TV.
Salta anche evidente che l’episodio ha avuto effetti negativamente decisivi sulla prova della Lazio che, per via della sconfitta contro i granata, vede ridimensionate le proprie ambizioni di classifica, con ripercussioni gravi ad ogni livello.
È evidente, infatti, che il meccanismo ereditato dalla fallimentare gestione Tavecchio (VAR – Video Assistant Referee) ha apportato al calcio nuovissime e gravi complicazioni, come sottolineato e spiegato da Attualità.it fin da prima della sua ufficializzazione quanto la VAR, come concepita da Tavecchio, altro non fosse che un marchingegno realizzato per aumentare il potere, i guadagni e l’intoccabilità della classe arbitrale.
Al contrario di ciò che avviene in tutti gli altri sport che ricorrono alla tecnologia per conoscere meglio i dettagli di quanto possa sfuggire all’occhio umano, la Var di Tavecchio, anziché essere chiamata in ballo dall’arbitro nelle occasioni in cui egli ritiene necessario un approfondimento, viene decisa da una triade di arbitri (uno in campo, due in moviola) con l’eventuali consulenza di due guardalinee e del Quarto Uomo.
Il tutto in tempi rapidissimi, che ne va la fluidità del gioco(!), e con gli spalti tenuti ignari di quel che in campo sta avvenendo.
Un’autentica follia. Anche perché fra l’arbitro in campo e quelli in moviola, si gioca a scaricabarile su chi debba chiedere o meno l’intervento elettronico..
I fatti ed il buon senso invece, insegnano che l’occhio elettronico è perfetto per quanto riguarda i centimetri (del fuori gioco per esempio, dello sgambetto ecc.) ma risulta assolutamente inadeguato ed equivoco per l’episodio di natura disciplinare dove entrano in ballo fattori come la volontarietà e quindi si entra nel merito.
Quanto è accaduto in Lazio-Torino è esemplificativo. Iago Falque tocca in area il pallone con la mano. L’arbitro Giacomelli non vede e l’azione prosegue. A seguire, mentre Immobile rientra verso il centro dei campo, Burdisso gli sbarra la strada con il capo proteso in avanti. Immobile non alza le braccia ed avviene l’impatto: capo di Burdisso (che ammette subito mentre tutti discutono in campo: non mi ha colpito), petto e spalla di Immobile.
Ci si trova dunque di fronte ad una situazione assai complessa dove appare necessario entrare nel merito, provocazione, comportamenti, danni, centimetri), cose che non si possono decifrare e valutare in poche decine di secondi.
Per cui cosa ne viene fuori? Un autentico patatrak che va a disonore di tutti. Anche perché non è possibile venire a conoscenza di cosa sia poi accaduto fra in moviola, tecnici e Giacomelli.
Appare accertato che nella concitazione sia stata tralasciata l’analisi del fallo di mano che era assai più semplice nella sua dinamica, secondo i parametri accettati in queste circostanze: braccio alzato: rigore. Con un poco di buon senso ed il conforto di regole più adeguato, il verdetto avrebbe dovuto essere rigore ed espulsione. Sarebbe stato accettato da tutti. Invece…..
Insomma delle due, una: o si ridisegna questa VAR concedendo più tempo agli arbitri per vagliare l’accaduto intervenendo su ogni episodio dubbio, compresi quelli di natura disciplinare e se la partita dura qualche minuto di più , meglio per tutti! Oppure si usi la moviola e tutto il marchingegno solo per misurare i centimetri quando è necessario ed il metro elettronico è un mezzo neutrale ed infallibile. E già sarebbe tanto.
Ve ne è poi una terza: ritornare all’arbitro unico e classico che almeno sbaglia da solo ed è maggiormente responsabilizzato.
Quanto al povero Lotito che ha visto le sue ambizioni frustrate dal Var (contro Fiorentina e Torino) e dai tre infortuni che hanno fatto concludere la partita contro il Napoli in dieci, non gli resta che riaffidarsi all’acqua benedetta del prete esorcista da lui chiamato negli spogliatoi di Formello nel 2008, per allontanare il malocchio lasciato.