Sono mesi, almeno un anno, che il nostro giornale insiste ad indicare come Napoli e Lazio siano, con Atalanta, le squadre che giocano il miglior calcio in Italia. Un calcio che consente loro di primeggiare nonostante il livello mediocre di molti dei propri giocatori. Questi sono diventati improvvisamente campioni solo perché attuano coralmente il tipo di gioco che ha reso la Spagna dominatrice della scena internazionale, vuoi a livello di club vuoi a livello di rappresentative nazionali.
Infatti ormai il tipo di impostazione tecnico-tattica del calcio iberico, partendo da Barcellona si è diffuso a macchia d’olio e viene praticato ormai da ogni club a tutto vantaggio proprio e dei selezionatori della Nazionale, che non devono dedicare il prezioso tempo dei raduni per scegliere i giocatori sulla base dell’impianto tattico da adottare.
A commento delle scarse prove degli azzurri contro Macedonia ed Albania, di recente consigliammo la FIGC di sbrigarsi a rimediare qualcuno, partendo da Sarri e Simone Inzaghi, di porre al fianco del CT Ventura un consulente.
Insomma Napoli e Lazio all’avanguardia. Con i dirigenti delle società maggiori e più ricche – come Juventus, Milan, Inter e Roma – ad investire su tecnici obsoleti e giocatori, magari fuoriclasse, superati e tali da condizionare ogni tentativo di modernizzarsi. Vedi il Milan giovane che investe 40 milioni di euro su Bonucci, o la Juventus che ancora insiste su Chiellini e Barzagli.
I risultati di questa miopia dirigenziale – la Juve è cosa a sé , deve solo rinnovare i ranghi dopo tanti successi -, mentre le altre tre sono il business di investimenti di mercanti che non sanno cosa sia il calcio e si affidano a presunti esperti italiani.
Napoli e Lazio così, hanno continuato a progredire e sul campo si vede e come.
Per i partenopei 8 successi di fila, e soprattutto il conseguimento di una qualità di pressing che impedisce ad ogni avversario italico di riuscire ad esprimere il proprio talento tecnico.
I biancoazzurri di Inzaghi sono ancora lontani dal raggiungimento di una qualità di pressing quale quella partenopea, ma sono sulla strada buona e quello che sono riusciti a conseguire in fatto di possesso palla corto e disinvolto è già più che sufficiente per avere ragione della Juventus due volte nello spazio di 3 mesi.
Mentre l’Undici di Sarri è ormai più che rodato ed ogni nuovo innesco diventa assai facile nello spazio di qualche mese di allenamento, la qualità della rosa biancoceleste è tutta da scoprire. Al momento sia Bastos, che Radu ed in particolare Patric, sono degli enormi punti interrogativi. Lo stesso portiere Strakosha, talentissimo fra i pali, ma una mina vagante quando deve usare i piedi per trattare il pallone.
Ieri la Lazio doveva ripartire da Torino con un bel 0-2 sul groppone. E non già per il doppio intervento del VAR in suo favore, ma solo perché il portiere albanese ha consegnato ad Higuain – a 30 centimetri dalla linea di porta (spalancata) – il pallone per lo 0-2. Il tutto per essersi impicciato nel rinvio.
Come abbia fatto poi la sfera anziche finire in rete schizzare in verticale verso l’alto e sbattere sulla parte inferiore della traversa, è roba da fantascienza che per secoli rimarrà impressa nella memoria juventina! Un errore imperdonabile per Strakoscha, che si è rifatto alla fine, parando il rigore di Dybala ed effettuando altri interventi di alto livello.
Ma almeno il 99 per cento dei suoi interventi di piede o sono finiti fuori la linea laterale
(per rimessa degli avversari, oppure sono stati preda degli Juventini. Nonostante ciò la Lazio ha vinto, ma Strakoscia al più presto vada a prendere lezioni da Buffon se la Lazio vuole andare lontano come potrebbe.
Un’ultima notazione, prima di passare a Roma-Napoli.
Ieri a Torino c’è stato il trionfo del Var. La prova moviola per due volte è apparsa fondamentale perché è stata capace di trovare il pelo nell’uovo.
La prima, in occasione della sua rete. Douglas Costa era ritenuto in fuori gioco dal guardialinee. L’arbitro, Paolo Silvio Mazzoleni, però, non si accontentava della segnalazione del suo collaboratore, ma dava il gol e poi chiedeva l’intervento del Var.
A bocce ferme si scopriva che il difensore bianconero era in fuori gioco rispetto ai suoi più vicini avversari, ma era tenuto in gioco da un laziale (Bastos) collocato in posizione ininfluente lontano vicino alla bandierina. L’arbitro avesse annullato la rete sulla segnalazione (giustificatissima del giudice di linea che osserva in primis la scena principale) del suo collaboratore, il Var non sarebbe intervenuto e scoperto la difficile verità.
Secondo, il fallo da rigore dello sprovveduto Patric su Bernardeschi, invece, è di quelli dubbi legati, soprattutto al criterio della discrezionalità del Var riguardo l’intenzionalità non la dinamica. Un giudice la può riscontrare; un altro no. Nel caso di Torino è stato sì: al 93’59” della partita; ad un secondo dal termine del recupero e della partita!
Esemplare dimostrazione della somma elevatezza della moviola in campo!
In conclusione, al di là dei discorsi sulla scientificità o meno del VAR, Torino ribadisce che questo strumento può essere utilissimo, perché in grado di scoprire un fuori gioco dove nessuno lo vedeva.
Il giocatore era ininfluente? Niente da fare: la regola è la regola. Più e sempre più convinti.
Benissimo, ma allora questa moviola sia gestita non discrezionalmente, ma scientificamente e con trasparenza per il pubblico. Così come è per tutti gli altri sport. Senza avere paura dell’orologio. Se la partita dura 100 minuti, invece, di 90 o 95 c’è forse qualcuno che si lamenta? Ed allora? Lasciamo pure che l’arbitro in ogni situazione dubbia (e rientrante nella casistica dei fatti importanti) chieda la lettura della moviola. E, nel caso che i dubbi permangano, si adottino i provvedimenti prefissati senza lasciare nulla alle interpretazioni (spesso inevitabilmente politiche) personali.
A Roma, fortunatamente non ci sono stati da registrare interventi importanti del Var. Ha vinto a mani basse il Napoli in virtù di quanto già stato detto. Fra il gioco del Napoli e quello della Roma c’è un baratro. Il tecnico giallorosso si ritiene allievo di Sarri, ma purtroppo la Roma non va oltre il tipo di gioco stantio imperante nei quartieri alti del calcio nostrano. Il Napoli pressava ed il suo possesso palla corto riusciva a sfociare spesso in trame pericolose per la porta giallorossa. Per la Roma tanta buona volontà ( specie nella ripresa) ma tutto affidato al lancio alto lungo da dietro od ai cross alla ricerca di Dzeco. Francamente molto poco, troppo poco per questo Napoli che gioca a memoria. Avesse anche una vera punta, mettiamo il napoletano Immobile, sarebbero guai per chiunque e dovunque.
I giallorossi hanno bisogno ancora di tempo e lavoro.
Nel frattempo è importante che sugli undici titolari figurano tre romani e romanisti: De Rossi, Florenzi e Pellegrini.