Roma, 3 marzo 2023 – Leggiamo: “I 70 anni di Zico”. E ci fermiamo a chiederci: 70? Sì, 70. Il mito della nostra infanzia fa 70. Perché il tempo passa anche per i miti.
E in quegli anni ’70 (il numero torna), quando eravamo ancora bambini, Zico era davvero un mito.
Tanto che in Brasile, per molti, era il vero erede di Pelé. Anche perché si impone nel calcio brasiliano subito dopo di lui.
Zico esordisce nel Flamengo nel 1971, un anno dopo i famosi Mondiali del ’70 (riecco il numero magico di questo racconto) in cui Pelé aveva condotto il Brasile al suo terzo titolo.
E con il Flamengo di Rio de Janeiro gioca fino al 1983, collezionando 485 partite con 362 gol.
Altre 66 gare con 20 reti in maglia rossonera le metterà insieme dall’85 all’89, dopo il suo ritorno a Rio in seguito alla parentesi più incredibile della storia del calcio moderno.
Quella che ha vissuto all’Udinese dal 1983 al 1985.
Scriviamo “più incredibile” perché in quegli anni ’80 in cui era già il re del calcio brasiliano nessuno avrebbe mai pensato che sarebbe finito a giocare nella “piccola” Udinese.
Nel campionato allora considerato il più bello del mondo (il nostro), certo.
Ma non in una delle sue grandi storiche, tra le quali quella a cui si era avvicinato di più era stata la Roma (che poi aveva virato su Falcao).
Bensì in questo club del nord-est, più abituato a fare il sali-scendi tra Serie A e B che a vincere titoli.
Zico a Udine portò il sole e nel nostro campionato si impose subito come uno dei migliori realizzatori su calcio di punizione.
Tanto che nel famoso “Processo del lunedì” di Aldo Biscardi (una delle trasmissioni di punta della televisione di quegli anni) si cominciò a discutere su quale fosse il metodo migliore per impedirgli di segnarle.
Arrivando anche a pensare che i portieri non avrebbero dovuto mettere la barriera per vedere meglio il tiro che partiva.
Zico è stato uno dei migliori realizzatori di sempre non solo su punizione, però. In carriera, infatti, ha segnato 532 gol in 779 partite ufficiali tra club e nazionale brasiliana.
Che a ben vedere è stata la squadra che gli ha riservato più delusioni, perché nei tre mondiali che ci ha disputato (1978, 1982, 1986) non è mai riuscito a vincere.
Anzi, ha subito anche cocenti delusioni, come quella dell’82 contro l’Italia di Bearzot che abbiamo raccontato nel libro “Italia ’82 – quarant’anni fa” da noi pubblicato.
Per via del fisico mingherlino, della gambe storte e di una spalla più bassa dell’altra, quando era piccolo era stato soprannominato “il galinho”.
E nessuno avrebbe immaginato che sarebbe riuscito a giocare a calcio a livello professionistico.
Ma lui, con tanto potenziamento muscolare in palestra, molti allenamenti specifici e moltissima forza di volontà ha smentito tutti.
Per la sua fortuna e anche per la nostra, che abbiamo potuto ammirarlo dal vivo o in tv quando ci deliziava con le sue giocate ci entusiasmava con i suoi gol.
Auguri Arthur Antunes Coimbra, per tutti semplicemente Zico.