Roma, 21 settembre 2020. Che il 107° Tour de France parlasse sloveno lo avevamo già abbondantemente rimarcato nei due approfondimenti precedenti ma che addirittura fosse ribaltato, stravolto, dal più giovane dei due, Tadej Pogacar, non c’eravamo spinti a tanto.
La solidità e l’esperienza di Primoz Roglic imponeva un giudizio del genere forte anche di 11 giorni di tenuta della maglia gialla e di uno squadrone come la Jumbo-Visma che aveva dominato le tappe più significative spremendo i suoi componenti in un lavoro massacrante, condotto sempre a ritmi alti, a voler eliminare via, via, tutti gli avversari. Si sono però dimenticati di far fuori, in gergo ciclistico, il più giovane e temibile Pogacar perché come opportunamente ha sottolineato il grande Eddy Merckx avrebbero dovuto attaccare e sfiancare Pogacar, che rimaneva tutto solo attaccato al treno Jumbo-Visma, a più riprese avendo in organico gente del calibro di Dumoulin, Kuss e Van Aert. La ciliegina finale poi è stata la crono di sabato scorso di 36,2 km. con arrivo a La Planche des Belles Filles, con gli ultimi 5 km. di salita al 8% medio con punte del 20% (!), dove Roglic, seppur molto forte a cronometro, è crollato sotto i colpi potenti di Pogacar che ha letteralmente massacrato il connazionale recuperando l’iniziale distacco di 56’’ e chiudendo con un vantaggio di 59’’.
L’azione del giovane sloveno, che ha corso con una bici di Ernesto Colnago, è stata entusiasmante e proprio con l’inizio della salita si è compiuto il sorpasso in un crescendo significativo.
Pogacar oggi compie 22 anni e miglior regalo non poteva farselo con tre vittorie di tappa come Gimondi nel ’65 a cui è stato inevitabilmente paragonato per questo e per la vittoria all’esordio conseguita in giovanissima età. Roglic ha confermato di essere molto forte ma senza quel pizzico di d’inventiva, di sana follia, che ti fa fare la grande impresa; Pogacar senza avere lo stesso squadrone ha disatteso tabelle, proiezioni, parametri vari, e ha buttato il cuore, come si dice, oltre l’ostacolo. Una soddisfazione enorme all’alba della sua carriera.
Una menzione speciale per il nostro Damiano Caruso che a 33 anni ha chiuso al 10° posto in classifica correndo da gregario di Landa, quarto a 6’ dal vincitore, mostrando una condizione super che può venir utile per il duro Mondiale di domenica prossima ad Imola dove la nostra Nazionale rincorre l’iride da dodici anni, dall’ultimo urlo di Ballan nel 2008 a Varese.