Roma, 28 maggio 2019 – Con il successo di tappa di Giulio Ciccone, la terza piazza di Fausto Masnada, la quarta di Vincenzo Nibali (che gli vale il secondo posto in classifica generale), il cielo alpino tempestoso del Mortirolo si tinge di azzurro rasserenando gli agitati spiriti italiani scombussolati dagli accadimenti politici in corso.
Proprio come 70 anni quando le imprese al Tour de France del toscanaccio Gino Bartali riuscirono a riportare equilibrio in un paese sull’orlo della guerra civile a seguito dell’attentato al leader comunista Palmiro Togliatti.
Questa facoltà ridimensionante non l’hanno tutte le discipline. È propria di sport che affondano le radici nell’estremo spirito di sacrificio che li contraddistingue. Difficilmente le imprese sportive in discipline “ricche” sollevano partecipazione generalizzata. È l’elemento umano che fa la differenza . La storia che è dietro. I sacrifici e le rinunzia dei pugili, dei maratoneti, dei fondisti di nuoto, di atletica, di sci.
Nel calcio l’emozione compare quando il contesto esce dal tifo ed entra nelle vicende esistenziali di un De Rossi – con le sue tre bambine bionde – a cui, dopo 18 anni di Roma, viene offerta la generosa opportunità giallorossa di “giocare a cottimo!”.
Nell’Italia del 1948, come ricordano i pensionati odierni che allora avevano 10 anni, la radio che raccontava le epiche imprese di Gino Bartali che in tre drammatiche tappe alpine recuperava 20 minuti di ritardo dall’asso francese Luis Bobet per conquistare il Tour – era tutto quello che ci voleva per dimenticare la guerra ed il dopoguerra e pensare alla ricostruzione piuttosto che alla rissosità politica.
E la bicicletta – con i suoi omini chini sul manubrio per ore ed ore, giorni e giorni, centinaia di chilometri quotidiani, con pioggia o neve ed una borraccia d’acqua – era la testimonianza più immediata di quello che “piccoli uomini posso fare con il proprio impegno e sacrificio.
Soldi? Pochi, pochissimi, da dividersi con i gregari.
Quel quadro epico a distanza di 70 anni è ancora lì. Basta una giornata come quella di oggi. La scalata del Mortirolo, la montagna che rese eroe il povero Pantani. Il maltempo che ha obbligato a cancellare parte del percorso a causa della neve. Il freddo che ha intorpidito le gambe che giravano in fretta solo per riscaldarsi. La pioggia battente. L’immagine dell’abruzzese Ciccone che non riesce (perché ha le mani gelate) a far funzionare la zip per indossare (sempre pedalando in salita) la sottilissima mantellina ed infine accetta da una signora del numerosissimo pubblico, un giornale da
mettersi sul torace per tentare di coprirsi dal freddo lungo la tremenda velocissima discesa verso il fondo valle.
Ecco, gli ingredienti di questo sport per gli eredi della società contadina, sono rimasti gli stessi nel tempo. A ricordare chi siamo e le cose semplici che dobbiamo fare per tirare avanti nel migliore dei modi senza correre dietro alle chimere.