Roma, 27 febbraio 2017 – Nel mondo del rugby interessa relativamente che si vinca o che si perda. Interessa soprattutto il come. Lo spettacolo fornito dai 30 contendenti per superare l’avversario. Una partita di rugby è la metafora di una battaglia medioevale senza droni. È ammesso tutto ciò che è prodotto dai muscoli, dal cuore e soprattutto dalla testa. Da questo mixer viene fuori lo spettacolo per chi lo gioca e chi lo guarda. Al limite accade che un XV sia di molto superiore all’altro. Sicuramente vincerà , ma lo spettacolo rimane garantito quando l’underdog (lo sfavorito) farà il suo meglio offrendo e si batterà con tutte le energie, per mettere in difficoltà il più forte avversario. Solo nella Bibbia Davide batte Golia. Ma nel rugby tutti simpatizzano con Davide, se fa la parte sua dello spettacolo.
Così ieri, gli 82 mila spettatori seduti nel tempio del rugby a Twickenham, assieme a milioni di telespettatori nel mondo, si sono divertiti da matti per come l’Italrugby ha messo in crisi la corazzata inglese in viaggio verso la riconquista del prestigioso Six Nations con un secondo Grande Slam (tutte vittorie) consecutivo ad un passo solo dal prestigioso record di 18 vittorie consecutive .
Dove non ci arrivi con il fisico e la tecnica (frutto in Inghilterra di una selezione vastissima) ci puoi arrivare con il cervello e l’astuzia combinata fra irlandesi (il C.T. Conor O’Shea) ed i giocatori italiani. Qualità affinate in secoli che li hanno visti sottomessi a domini stranieri. Ed obbligati a sfruttare il proprio ingegno per sopravvivere.
Per farla breve, O’Shea ed il suo staff azzurro (in particolare il sudafricano Brendan Venter allenatore della difesa) hanno tirato fuori dal cilindro l’idea che applicando le regole alla lettera si poteva interferire nella trasmissione dell’ovale da parte degli inglesi. E la cosa ha funzionato.
L’idea non era assolutamente originale, ma aveva avuto qualche precedente isolato anche in campo internazionale, perfino da squadre inglesi come dopo hanno rilevato in molti. Ma non sistematicamente come è successo nel primo tempo. Gli inglesi non erano preparati, né in campo né in tribuna. Il CT inglese, Mago Eddie Jones, era in tribuna come recitano le regole del rugby e avrebbe potuto correre ai ripari solo nell’intervallo, Gli italiani ne approfittavano facendo proprie le sorti della partita fino a chiuder il primo tempo in vantaggio per 10-5, fra i fischi di chi era venuto allo stadio solo per irridere al rugby azzurro aspettandosi una mattanza.
Le cose, come si legge nelle cronache, nella ripresa sono cambiate. Jones in un quarto d’ora è riuscito a riassettare le cose, adottando anche lui la nuova tattica.
Ma certamente la partita non si sarebbe chiusa sul 36-17 se Farrell non avesse messo KO con un intervento proibito il regista Edoardo Gori, obbligando O’Shea ad impiegare l’acerbo Bronzini non in grado di orchestrare una inedita musica per lui.
A bocce ferme la critica inglese se l’è presa proprio contro il tecnico mago soprattutto perché a fine partita ha detto che per colpa dell’Italia si sarebbe dovuto rimborsare il biglietto al pubblico, invece di prendersela con la sua impreparazione. Quanto a Farrell il Daily Telegrapha che vanta la più influente copertura giornalistica inglese sul rugby, accusa duramente Farrell per aver perso la testa fino “A shoulder-barge Edoardo Gori to take the Italian scrumhalf out of the game” (a caricare di spalla Edoardo Gori tanto da costringere il mediano di mischia italiano ad abbandonare, per l’infortunio subito, la partita).
La cosiddetta sportività inglese però si ferma qui. Non critica l’arbitro francese Poite per non avere sanzionato come avrebbe dovuto (anche alla luce di tutti i replay riproposti) il calciatore britannico cioè con: cartellino giallo da sospensione di 10 minuti; ed un facile piazzato presso i pali inglesi. Il che avrebbe significato chiudere il primo tempo sul 13- 5 e giocare i primi 8’ della ripresa con un un uomo in più.
Un’altra partita ed un altro risultato. Gli inglesi soltanto ringrazino l’arbitro per la magnanimità ed imparino che nel rugby il cervello vale forse più dei muscoli.
Il grazie a O’Shea ed al Italrugby, deve arrivare anche per un secondo, forse più importante motivo. L’innovazione degli italiani (Italian innovat ions per il Telegraph in senso denigratorio) è destinata a fare epoca, invece, perché, a guardare bene, offre un nuovo, salutare respiro ad un rugby che stava diventando assolutamente noioso e monocorde. Il modello imperante per le formazioni vincenti è ormai diventato: possesso, raggruppamento-ruck-maul, pallone dietro per una identica seconda e terza ed ennesima fase tutta tesa a richiamare gli avversari per creare una superiorità numerica da sfruttare. Gli irlandesi, maestri, in questo tipo di gioco, arrivano a farne anche 20 di queste fasi. Per la durata di parecchi minuti. Praticamente buona parte della partita vive di queste monotone fasi.
Ancora peggio capita nel finale delle partite quando una squadra gode di un esiguo vantaggio. Si fanno trascorrere i minuti restanti con questo tipo di tattica. L’avversario non ha scampo. Se tenta qualcosa, come minimo scade nel fallo e nella penalità.
La mossa O’Shea-Venter può risolvere anche questo problema che, veramente, uccide il rugby. Infatti The Italian Move consente ed obbliga entrambe le squadre a dare più fantasia e virtuosità al gioco. Le 2 stupende mete realizzate dalle due ali azzurre Venditti e Campagnaro sono lì in diretta tv a testimoniarlo. Al contrario della meta che nella ripresa ha consentito la rimonta inglese, provocata dallo spaesamento del subentrato Bronzini davanti ad 82 mila persone rombanti a gestire una situazione cui era impreparato. E l’Inghilterra è andata in meta con una “sveltina” di Care alla mano dopo aver optato per un calcio fra i pali. Questa sì una furbata consentita da Monsieur Poite!
Comunque come ogni mossa , subito arriva la contro mossa per cui non è possibile fare diventare questo tipo di balletto attorno alle ruck una costante per interferire sulla trasmissione dell’ovale. È solo una nuova opzione che si mette a disposizione dei giocatori per ovviare ad alcune situazioni
La mossa è destinata a portare ossigeno nuovo nei polmoni del rugby a dispetto dei parrucconi inglesi che non hanno ancora capito gli importanti sviluppi che l’interpretazione della regola da parte italica rida tonicità e brillantezza ad un rugby diventato asfittico ancorchè muscolato, esageratamente muscolato.
Grazie ancora Conor, Venter, Parisse e tutta la banda azzurra. A rivederci sabato 11 marzo all’Olimpico di Roma