Roma, 15 novembre 2020 – È stata un enorme soddisfazione (e piacere) assistere alla esibizione dell’Italrugby contro la Scozia ieri a Firenze, nel primo match della neonata Autumn Nations Cup.
Dopo anni di frustazione finalmente un XV azzurro pratica con disinvoltura il rugby del vero Alto Livello, sfidando, finalmente alla pari, una squadra anglosassone di primissima fascia
LA NUOVA FORMAZIONE
La meta corale di Minozzi – in risposta a quella di quel fenomeno vivente importato dal Sud Africa che si chiama van der Merwe – è degna dei migliori All Blacks.
È la dimostrazione che il lavoro del C.T. Franco Smith – e dalle Franchigie Federali, Benetton e Zebre – ha dato finalmente i frutti programmati.
Cioè quello che si vede in campo non è qualcosa di episodico, legato all’imponderabile ma qualcosa di concreto e positivo, ormai pienamente assimilato, attraverso un lavoro programmato.
Dove gli eterni fondamenti del rugby (avanzamento, sostegno, intraprendenza, responsabilità) sono assurti ad “in printing” presso il giovanissimo nuovo XV azzurro.
La base tecnica e tecnica ad alto livello è ormai un fatto compiuto presso una rosa di elementi (una quarantina) sufficiente ad esprimere un rendimento standard atto a vedersela contro chiunque.
La squadra può contare, per esempio, addirittura su tre elementi di grande spessore nel ruolo di mediano di apertura: Garbisi, Canna ed Allan.
Un vero lusso per qualsiasi Nazionale al mondo.
LA PARTITA
Ieri a Firenze sono stati tutti e tre della partita distribuiti nella linea dei trequarti.
Ora, quando si attacca al largo, proporre una prima ed una seconda linea offensiva è un fatto automatico. Trasmissione, tempistica e sostegno si realizzano ad occhi chiusi.
La meta esemplare di cui sopra si è costruita grazie all’intervento puntuale ed estemporaneo di giocatori di ogni reparto. Con un “dentro e fuori” verticale e fantasioso da All Blacks. Con tanto di Mediano di Mischia (Violi), inserito al momento opportuno.
Ma non è stata questa l’unica azione irresistibile messa in scena.
Insomma si è avvertita una grande dimestichezza con l’approccio giusto per attaccare alla mano con tecnica di trasmissione dell’ovale anche funambolica.
Sulla scia di Polledri, si sono visti avanti guadagnare terreno con i gomiti per terra con il passo del Giaguaro. L’uscita appropriata dell’ovale dalle mischie spontanee.
In difesa tutti hanno placcato compreso i giganti di seconda linea come Cannone. Mischie chiuse solide e touchè discretamente organizzate nel guadagno dell’ovale.
Insomma, cose buone e mature. E soprattutto assimilate ed entrate nel bagaglio individuale e corale dell’Italrugby. Come, per esempio la disciplina per evitare troppe penalità
Ma allora, come mai l’Italia ha perso per 28 a 17, in uno sport dove si afferma sempre il più forte. E sono rarissimi i colpi della sorte?
In uno sport dove i pali, i rigori, fuori gioco di millimetri e gli arbitraggi possono contare significare solo nel caso di grossi equiIibri?
Un fatto accertato ed accettato è che Italia-Scozia è stato un match sicuramente equilibrato che ha visto l’Italia prendere in mano le redini della partita per condurla in vantaggio nel primo tempo 11-7.
Punteggio che avrebbe potuto essere più rotondo se Garbisi non avesse incocciato il palo nella trasformazione.
E L’Italia non avesse subito una meta (individuale) dal Jonah Lomu bianco sudafricano van der Merwe.
IL SORPASSO
Il sorpasso scozzese è, comunque, arrivato a 13′ dal fischio finale dell’ottimo inglese Perce per una serie di circostanze molto specifiche ed eccessivamente punitive.
1. La meta (trasformata) di Fagerson al 49′. Regalata agli azzurri rimasti tutti fermi a guardare la segnatura perchè, erroneamente, convinti di un “passaggio in avanti” scozzese. Ma era stato sfiorato da un italiano secondo la moviola!.
2. Con l’Italia ancora in vantaggio (17-15) in occasione della meta di Cummings al 67′, si infortunava (seriamente al ginocchio ) ed usciva il leader italiano Jake Polledri.
3. Però più decisivi sono risultati cambi escogitati dal CT azzurro. Una politica discutibile che Franco Smith condivide con tanti allenatori anche di altre discipline di squadra.
È comune dimenticare che “squadra che vince non si tocca” per fare posto ad una scolastica visione di rotazione, presupponendo cali fisici non comprovati da nulla.
Ci si dimentica che se in campo hanno schierato XV titolari, evidentemente è perchè sono i migliori, i più affiatati ed offrono le migliori garanzie sia tecniche che tattiche d’assieme”.
SOSTITUZIONI
Rivedere questi equilibri è molto azzardoso. Se qualcosa funziona non è detto che continui a farlo cambiando l’ordine dei fattori.
Il cambio principale rischioso è stato quello, al 54′, del mediano di mischia: Violi sostituito da Stephen Varney. Giocatore gallese del Gloucester, “italianizzato” per via materna nella “Under 20″ azzurra.
Un salto-debutto internazionale (programmato) di un ragazzo di 19 anni che lascia molto perplessi giacchè se Violi (in palla) si fosse in infortunato, Varney era l’unica alternativa in un ruolo strategico.
Fra l’altro il 19 enne regista anglo-italiano, non dispone di uno strafisico che ne esalti eventuali capacità tecnico-mentali. Sicuramente possiede doti eccellenti.
Ma il rugby non è il Tennis dove il debuttante altoatesino a 19 anni Yannik Sinner si laurea il miglior Under 20 fra decine di milioni di giovani praticanti nel mondo.
Il rugby non è sport individuale dove può accadere di tutto ma è un coro che ha bisogno di registi appropriati.
In conclusione, bravo Smith. Ha fatto anche lui la sua debita esperienza.
L’Italrugby ormai c’è. E, con o senza Jake Polledri, contro le Fiji sabato, ad Ancona, lo dimostrerà, Covid 19 permettendo.