Rugby – Finale di stagione
La Federazione Italiana Rugby ha decretato la sospensione definitiva della stagione 2019/20
Roma, 27 Marzo 2020 – L’emergenza globale in corso sta rimettendo in ordine le priorità, ad ogni scala di osservazione.
A livello sportivo in Italia la Federazione Rugby ha compiuto per prima una scelta che a questo punto appare destinata a propagarsi nelle altre discipline sportive. Il consiglio federale FIR, riunito in videoconferenza ieri, ha decretato la sospensione definitiva della stagione agonistica 2019/20, in tutte le categorie. Si chiuderà senza verdetti sportivi, né titoli né retrocessioni, cosa di cui a questo punto anche ai tifosi più irriducibili importa poco. La partita si gioca su un altro campo ora.
C’è spazio però per alcune considerazioni, in cui si spera potrà ritrovarsi, chi ama il rugby. Molto hanno parlato i media di Maxime Mbandà, terza linea delle Zebre e dell’Italia, nato a Roma ma milanese di formazione: qualche mese fa, quando fu oggetto di episodio razzista, e ora che Max, non potendo praticare le sua attività da sportivo professionista, si è messo a disposizione e fa il volontario di protezione civile con l’ANPAS a Parma.
Un bell’esempio, come lo furono i giovani giocatori de ‘L’Aquila Rugby’ intervenuti il 6 aprile del 2009 tra le macerie del sisma.
Siamo consci che nel ventennio alle spalle, dall’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni, spesso si è parlato, anche con troppa enfasi, dei valori fondanti del rugby, rischiando di renderlo, nella crescente diffusione popolare della disciplina, un luogo comune. Eppure ognuno è libero di trovare, nei momenti più difficili, conforto e ispirazione in ciò che sente più affine, nella religione, in un’appartenenza politica o in una filosofia esoterica. Il rispetto è, e deve essere ora più che mai, massimo per tutti; ogni scelta è legittima, purché non si nuocia al prossimo e si tollerino le diversità, con sforzo per comprendere ciò che è altro da sé.
Chi scrive ha trovato negli anni nel rugby, in qualche modo e con le dovute proporzioni, un modello di riferimento. Pur non avendolo mai sperimentato in gioventù, seguendo questo gioco ormai da trent’anni ho appreso molto, e posso definirmi con orgoglio un “credente non praticante”. E nei momenti difficili, grandi o piccoli, un aiutino è venuto anche dal conoscere cosa avviene su un rettangolo verde, dove trenta persone in braghette, metà vestite di un colore e metà dell’altro, corrono appresso ad un pallone bislungo senza risparmiarsi colpi. Due armate Brancaleone fatte di tipi diversi, alti e bassi, mingherlini e corpulenti, tracagnotti e atleti statuari, in cui ognuno fa il suo, nell’interesse generale.
È bene ricordarcelo oggi e rispettare il lavoro di tutti, soprattutto quelli che fanno con discrezione mestieri umili, poco considerati e poco pagati, e di cui oggi probabilmente tutti comprendiamo appieno l’importanza per l’interesse collettivo. Per mio conto, ho da tempo la serenità di questa consapevolezza, grazie all’educazione familiare ricevuta, ma anche grazie allo spirito del rugby.
Per le nostre cronache sportive, si ricomincerà quando sarà possibile, e un imprevedibile rimbalzo di una palla ovale sarà un bellissimo segnale.
Lo aspettiamo tutti con trepidazione.