Chi conosce almeno un po’ la storia del nostro Novecento si sta preoccupando già da tempo, gli altri stanno piano piano aprendo gli occhi e comprendendo quanto la situazione in Crimea sia delicata. I fatti sono da tempo noti al mondo intero: la Crimea, appunto, regione dell’Ucraina a forte prevalenza di popolazione russa, sta approfittando di una situazione di disordine politico di Kiev per essere annessa alla Russia. La nazione di Putin, dal canto suo, avrebbe più di un interesse nel prendere possesso della regione, non solo per motivi squisitamente legati alla tutela della popolazione locale ma anche per ragioni strategiche, geografiche (basti nominare il porto di Sebastopoli, tanto caro al governo moscovita) e politiche.
Proprio in seguito ad una situazione di crisi già fortemente presente in Ucraina, le truppe russe hanno colto l’occasione per entrare massicciamente in Crimea con lo scopo ufficiale di “difendere” la popolazione russa presente sul posto. L’Ucraina ha cercato sin dall’inizio una soluzione pacifica e diplomatica della situazione, pur mantenendo le sue truppe ben armate sul posto (truppe che pure sarebbero sconfitte in partenza contro lo strapotere russo), ottenendo però come risultato una velocizzazione della richiesta di distaccamento della Crimea stessa, primo passo verso la tanto desiderata annessione alla Russia. Tra proiettili che iniziano a volare e corpi paramilitari senza distintivi di riconoscimento che circolano tra le strade di Sebastopoli e Simferopoli, l’UE e gli Stati Uniti hanno messo in moto la macchina delle relazioni diplomatiche: manco a dirlo, la fermezza di Mosca nel suo passo verso l’espansione è rimasta tale anche sotto le diffide Occidentali , e mentre le sanzioni del diritto internazionale non sono ancora destinate a figure di rango elevatissimo, le nuvole cariche di vecchie paure da guerra fredda inizia a materializzarsi all’orizzonte delle Nazioni Unite.
Era in fin dei conti il non lontanissimo 1938 quando l’Austria scelse con l’Anschluss di farsi annettere alla vicina Germania di Adolf Hitler, iniziando il cammino verso il disastro mondiale che tutti conosciamo. Il paragone suona forse un po’ troppo azzardato (Putin e la sua Russia sono, in fin dei conti, il paradiso della democrazia se paragonati alla Germania Nazista), eppure è giusto tenere ben presente a cosa portano situazioni così ingarbugliate. La Germania venne richiamata più e più volte dagli Stati Occidentali nel suo cammino di espansione, richiami che furono troppo morbidi e timorosi per essere ascoltati: sappiamo tutti come andò a finire. Fu Churchill, alla fine della Conferenza di Monco, ultima prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, a riassumere in poche parole il fallimento dell’operazione diplomatica di Francia ed Inghilterra: “Francia e Regno Unito” sentenziò il politico britannico “dovevano scegliere tra guerra e disonore. Hanno scelto il disonore. Avranno la guerra. “
Oggi Vladimir Putin e la Crimea sembrano volutamente sordi ad ogni richiamo proveniente da Occidente, in una situazione per ora delicata che a breve potrebbe diventare addirittura preoccupante.
Nessuno può prevedere il futuro, ma l’impressione è che per evitare sul nascere i disastri che abbiamo dovuto affrontare un secolo fa, alle Nazioni Unite spetta un compito arduo: lasciar trasparire quella fermezza che nel 1938, forse troppo democratici per tempi non ancora maturi, non ebbero il coraggio di adottare.