In un momento storico in cui vengono alla ribalta in maniera sempre più evidente le questioni relative alla tutela della privacy e si parla in maniera quasi ossessiva del Grande Occhio dei Governi che, vuoi da un Social Network vuoi da qualche satellite indiscreto, conosce praticamente tutto di noi cittadini, ascoltare di un aereo che scompare letteralmente nel nulla non può che suonare come clamoroso.
È cosa assurda, in effetti, pensare che i telefonini di ultima generazione vengano oggi ritrovati nel giro di qualche ora se persi o rubati, mentre un Boieng 777 con 239 persone a bordo svanisca nel nulla per giorni interi.
Senza ricorrere ad astrazioni mentali cervellotiche, senza dover per forza pensare che i Governi ci stiano necessariamente nascondendo un triste sacrificio (ipotesi che pure resta plausibile, ma certamente non preferibile), è bene allora pensare che probabilmente qualcosa dal punto di vista della sicurezza nella navigazione aerea è andato (purtroppo ancora una volta) decisamente storto.
La storia è presto detta: un Boeing 777 della Malaysian Airlines, il Volo 370, è partito alla mezzanotte e quaranta dell’8 Marzo da Kuala Lumpur con destinazione Pechino, per un viaggio con durata prevista di circa cinque ore. Sottoposto appena dodici giorni prima ad un severo controllo di manutenzione, l’aereo era risultato perfettamente idoneo a compiere il detto viaggio. Dopo appena venti minuti di navigazione, il Volo 370 ha smesso di comunicare con la Torre di Controllo ed entro quaranta minuti dall’inizio del viaggio il trasponder che rilevava la posizione del Boeing è stato deliberatamente spento da bordo; nessun messaggio di soccorso o richiesta di supporto per problemi tecnici o maltempo è stata inviata dall’equipaggio del Volo 370. Come se non bastasse, da rilevazioni di satelliti e di basi militari, l’aereo è stato rilevato in volo ancora alle otto di mattina del giorno stesso, con una tempistica quindi ben superiore alla durata prevista: rivelazione, questa, che ha dell’assurdo quando si pensa che già un’ora prima la Malaysian Airlines aveva rilasciato la comunicazione con cui dava inizio alle operazioni di ricerca del velivolo.
Giorni e giorni dopo la sparizione del Volo 370, il mistero è ancora fitto.
L’ipotesi più ventilata è certamente quella del dirottamento, eppure nemmeno su questa si può scommettere ciecamente: infatti, detto che solo un pilota molto esperto avrebbe potuto prendere i comandi del Boeing e zigzagare tra le torri di controllo di vari stati dell’Asia, manca comunque una grossa componente tipica proprio di questa fattispecie terroristica.
Se ci fosse stato un dirottamento voluto per ottenere un riscatto o per rivendicare dei diritti, infatti, allo Stato della Malesia sarebbe giunta una qualche richiesta: dalle parti di Kuala Lumpur, invece, regna il silenzio. Ancora, se il dirottamento fosse stato utilizzato per una missione kamikaze, ad oggi non mancherebbe certo notizia di un clamoroso schianto; nulla, invece. Il Volo 370 pare letteralmente scomparso nel vuoto.
Dato per certo che lo spegnimento dei rilevatori di bordo è stato un atto deliberato, altra ipotesi prevede un clamoroso sabotaggio da parte dei piloti. Anche qui, però, non ci si può muovere senza un profondo agnosticismo di giudizio: motivazioni e scopi resterebbero del tutto sconosciuti, oltre che totalmente ingiustificati.
Senza ricorrere ad ipotesi estreme o leggende, come accadde più volte nel secolo scorso nel Triangolo delle Bermuda, il silenzio dei Governi e l’inconcludenza delle ricerche proiettano un alone di mistero e di sconforto su un disastro aereo di dimensioni enormi, una tragedia il cui atto finale deve essere forzatamente una ricostruzione coerente di quello che è accaduto; perchè, come in tutte le storie, tutto sarebbe più accettabile, razionale e superabile (anche l’infinito sconforto dei parenti delle vittime) se ci fosse una dannata ragione.