Washington, 20 dicembre ore 05,00 – Tre famiglie delle vittime dell’attentato al gay club ‘Pulse’ di Orlando, avvenuto alle due di notte del 12 giugno 2016 e che ha provocato 49 morti e 53 feriti, hanno citato in giudizio Twitter, Facebook e Google per aver fornito con le loro piattaforme “supporto materiale” alla propaganda Isis, contribuendo così a radicalizzare l’autore della strage, Omar Seddique Mateen, cittadino statunitense di 29 anni che svolgeva la professione di guardia privata.
Nella citazione, si sostiene che le tre piattaforme web “hanno fornito al gruppo terroristico dell’Isis account usati per diffondere la propaganda estremista, raccogliere fondi e attrarre nuove reclute”. “Senza Twitter, Facebook e Google (YouTube), la crescita esplosiva dell’Isis degli ultimi anni nel gruppo terroristico più temuto al mondo non sarebbe stata possibile”.
Finora, le Corti sono state riluttanti a ritenere responsabili i giganti del web per i contenuti postati, ma se questa causa senza precedenti avesse successo, rivoluzionerebbe il mondo dei social media.
Sarebbe come accusare il Governo, Parlamento Italiano ed i Magistrati per tutti i reati commessi da pregiudicati posti anticipatamente in libertà o clandestini e stranieri con espulsione e non rimpatriati…