Roma, 26 febbraio 2020 – Alle prime luci dell’alba, Poliziotti della Questura di Roma e Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, hanno concluso l’operazione “Recupero” dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Capitale, nei confronti di U. R., sua figlia F. e il “luogotenente” F.P., indagati per usura, estorsione e abusivo esercizio del credito, smantellando definitivamente l’agguerrito sodalizio e liberando dal giogo dell’usura molte famiglie della Capitale, dove operavano, in prevalenza, i tre soggetti arrestati.
Le laboriose indagini svolte dagli investigatori della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, coordinati dalla D.D.A., hanno ricostruito numerosi rapporti usurari gestiti dai R. che, nel caso di mancata o ritardata restituzione del denaro, estorcevano, unitamente a P., con minacce e violenza, i crediti che vantavano dalle vittime.
Per dare maggiore forza intimidatoria alle proprie minacce, U.R. rimarcava il legame tra i G. e i R., conseguente alla convivenza della figlia F. con B. G., primogenito del defunto G. A. pregiudicato per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti e fratello di V. – esponente di vertice dell’omonima cosca calabrese di Guardavalle (CZ), da anni stanziata sul litorale romano, soprattutto tra Nettuno e Anzio.
L’operatività dei G. come locale di ‘ndrangheta in provincia di Roma è stata giudizialmente sancita dalla Corte di Appello di Roma che con la sentenza del giugno 2018 ha confermato e inasprito le condanne per associazione mafiosa comminate in primo grado dal Tribunale di Velletri a diversi esponenti della cosca.
Gli usurai imponevano pagamenti settimanali per il rientro del debito, applicando tassi di interesse pari al 40% mensile per prestiti fino a € 5.000.
Oltre tale importo si “accontentavano” del 10% mensile, ma, in questo caso, il pagamento era a “capitale fermo”, in quanto le rate non decurtavano il capitale iniziale.
Una vittima, ad esempio, per un prestito di € 80.000, è stata costretta a pagare € 8.000 al mese senza che l’importo iniziale venisse ridotto nel tempo. Per estinguere il debito, infatti, l’usurato era tenuto a corrispondere l’intera somma presa a prestito più una rata. In caso di ritardi nei pagamenti, poi, venivano applicate “multe” fino all’intero importo della rata non corrisposta.
Emblematiche erano le parole proferite da U.P. “…io te pio a bastonate… non è cattiveria… però devi fare la persona seria… io i soldi che c’ho me li sò fatti con l’anni de galera non me li hanno regalati a me”, “…a me quelli grossi mi piaciono perché fate il botto quando cascate”.
U. R. e F.P. sono stati associati in carcere mentre per F.P. sono stati disposti gli arresti domiciliari.