Pena ridotta perchè non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà
Milano, 17 dicembre – Dopo l’intervento di Alberto Stasi che ha detto “Non cercate a tutti i costi un colpevole condannando un innocente. Sono anni che sono sottoposto a questa pressione. È accaduto a me e non ad altri. Perché? Mi appello alle vostre coscienze: spero che mi assolviate” e la richiesta di assoluzione per la terza volta da parte dei suoi avvocati, i componenti della prima Corte d’Assise d’Appello, due togati (Barbara Bellerio presidente ed Enrico Scarlini a latere) e sei giudici popolari a cui era stato assegnato il processo d’Assise d’Appello Bis, si sono ritirati in camera di consiglio.
Dopo sette ore, la Corte ha riconosciuto Alberto Stasi colpevole per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella sua abitazione di Garlasco il 13 agosto 2007, condannandolo alla pena di anni 16 ed al risarcimento di un milione di euro in favore dei genitori e del fratello della vittima.
Il procuratore generale Laura Barbaini, aveva richiesto la pena di anni 30 anni di carcere ma la Corte ha ritenuto di non contestare l’aggravante della crudeltà senza però concedere all’imputato le attenuanti generiche, probabilmente – in attesa di leggere le motivazioni della sentenza che dovrebbe essere deposita antro 90 giorni – per il comportamento processuale di Stasi con le sue omissioni e silenzi su una serie di elementi chiave per consentire la ricostruzione dei fatti. Togliendo l’aggravante, la pena base con cui è partito il calcolo della Corte è di 24 anni, ridotta di un terzo per il rito abbreviato senza concessione di attenuanti, da quì la condanna a 16 anni.
Alberto Stasi era stato assolto ben due volte ma la Cassazione, nell’aprile 2013, ha annullato la sentenza di assoluzione rinviando gli atti ad una nuova sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano, ritenendo che occorresse una “valutazione complessiva e unitaria degli elementi acquisiti” e dunque una rilettura di tutti gli indizi, alcuni dei quali da approfondire con ulteriori accertamenti, indicandoli: dalle impronte digitali di Alberto, ritrovate sul dispenser del sapone in bagno dove l’assassino si è lavato le mani al fatto che Chiara, quella mattina, ha aperto la porta di casa a una persona che di certo conosceva bene. La mancanza di alibi tra le 9,12 alle 9,35, 23 tempo nel quale è stata collocata la brutale aggressione, al Dna della vittima rintracciato su uno dei pedali della bici bordeaux Umberto-Dei Milano di Alberto. L’assurdo che, nonostante avesse detto di essere entrato nell’abitazione dei Poggi e di aver scoperto il cadavere, non si fosse macchiato di sangue le suole delle scarpe, omettendo di raccontare agli inquirenti di possedere una bici nera da donna dopo che due testimoni avevano raccontato di averne vista una appoggiata al muro della villetta di via Pascoli nell’immediatezza del delitto. Finalmente l’esame sperimentale della cosiddetta camminata di Alberto esteso, però, anche ai due gradini e alla zona antistante la scala dove giaceva il corpo senza vita della fidanzata. È stato così stabilito come sia impossibile che Stasi non si sia sporcato le scarpe e non abbia nemmeno lasciato una traccia ematica sul tappetino della sua Golf.
Nel corso del dibattimento, sono stati esaminati i risultati dei supplementi istruttori disposti dal PG Barbaini che sono andati a colmare una serie di lacune, omissioni ed errori dell’inchiesta (graffi sul braccio di Alberto rilevati dai Carabinieri, le impronte insanguinate di 4 dita dell’assassino sul pigiama della ragazza poi cancellate da chi ha rimosso il cadavere e delle quali sono rimaste solo alcune foto nonchè gli esiti di approfondimenti effettuati dai legali dei Poggi sulla bicicletta nera)
Gli avvocati di parte civile, stasera hanno dichiarato ”Ci aspettavamo la verità per Chiara e oggi abbiamo avuto una risposta” mentre per la famiglia di Chiara,”siamo soddisfatti, non abbiamo mai mollato”.
Ora si ritornerà in Cassazione.