Roma, 16 marzo ore 17:48 – (ansa) Quattro arresti e oltre 50 indagati in una maxi operazione dei carabinieri del Ros, coordinata dalla procura di Firenze. Nel mirino la gestione illecita degli appalti delle cosiddette Grandi opere. Tra i 4 arrestati c’è il superdirigente del Ministero dei Lavori Pubblici (ora consulente esterno) Ercole Incalza. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza.
Agli indagati, tra cui ci sarebbero anche dei politici, vengono contestati i reati di corruzione induzione indebita, turbata libertà degli incanti ed altri delitti contro la Pa.
Spunta anche il nome di Antonio Acerbo, l’ex manager di Expo già arrestato lo scorso ottobre nel filone d’inchiesta milanese sulla ‘cupola degli appalti’, tra gli indagati nell’indagine dei pm di Firenze sulle grandi opere che ha portato a 4 arresti. È accusato di turbativa d’asta per aver pilotato la gara per il ‘Palazzo Italia’.
“Stefano Perotti – scrive il gip di Firenze nell’ordinanza di custodia cautelare per i quattro arrestati nell’inchiesta sui grandi appalti – ha procurato degli incarichi di lavoro a Luca Lupi”, figlio del ministro Maurizio Lupi.
Secondo il ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi, Ercole Incalza, uno degli arrestati nell’inchiesta a Firenze, “era ed è una delle figure tecniche più autorevoli che il nostro Paese abbia sia da un punto di vista dell’esperienza tecnica nazionale che della competenza internazionale, che gli è riconosciuta in tutti i livelli”.
“Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio. Non è nel mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato”. Lo chiarisce il ministro dei trasporti Maurizio Lupi in una nota, precisando che il figlio lavora a New York dai primi di marzo. “Mio figlio Luca si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode dopo un periodo di sei mesi presso lo studio americano SOM (Skidmore Owings and Merrill LLP) di San Francisco, dove era stato inviato dal suo professore per la tesi. Appena laureato ha ricevuto un’offerta di lavoro dallo stesso studio per la sede di New York”, spiega Lupi. “In attesa del visto per lavorare negli Stati Uniti – prosegue – (un primo visto l’ha ricevuto nel giugno 2014, subito dopo il matrimonio, per ricongiungimento con la moglie che è ricercatrice in Italia e in America), ha lavorato da febbraio 2014 a febbraio 2015 presso lo studio Mor di Genova con un contratto a partita Iva per un corrispettivo di 1.300 euro netti al mese. Nel gennaio 2015 gli è stata reiterata l’offerta dello studio SOM, gli è quindi finalmente arrivato il visto e dai primi di marzo mio figlio lavora a New York”. “Ripeto – conclude il ministro -, non ho mai chiesto nulla a nessuno per il suo lavoro, mi sembra, inoltre, dato il suo curriculum di studi, che non ne avesse bisogno”.
“La preoccupazione di Stefano Perotti e Giorgio Mor non è comprensibile al di fuori di uno scenario illecito”. Lo scrive il gip di Firenze, riferendosi al fatto che Mor teme che la collaborazione con il figlio del ministro Maurizio Lupi, Luca, possa essere ritenuta “poco opportuna”. “Nulla – spiega il gip – può impedire a costoro di assumere le persone che vogliono” salvo che la collaborazione “possa essere immaginata quale corrispettivo di qualche utilità fornita da Maurizio Lupi per il tramite di Ettore Incalza”.
Mor, scrive il gip, chiede inizialmente a Perotti “se fosse possibile assumere Luca Lupi ‘in maniera meno formale'”. Nel prosieguo della telefonata, Mor spiega, con più chiarezza, la sua preoccupazione. Egli infatti dice al cognato: “Ci siamo, abbiamo fatto una riflessione che sembrava poco opportuno era la triangolazione”, cioè il sistema con cui Mor e Perotti avrebbero trovato lavoro al figlio di Lupi. Perotti esclude quella possibilità ma “riconosce che ‘può esistere un minimo di rischio’, spiegandolo con la possibilità che le cose ‘vengano fuori’ e dice al cognato: ‘non ti voglio mettere nelle condizioni di assumerti un rischio'”. Più tardi, Giulio Burchi, indagato, conferma che questa informazione sta per divenire di dominio pubblico, dicendo: “no no, sta venendo fuori, il figlio si chiama Luca Lupi e lavora con Perotti e addirittura è assunto”.
Tutte le principali Grandi opere – in particolare gli appalti relativi alla Tav ed anche alcuni riguardanti l’Expo, ma non solo – sarebbero state oggetto di un “articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”.
Le indagini sono coordinate dalla procura di Firenze, perché – sempre secondo quanto è stato possibile apprendere – tutto è partito dagli appalti per l’Alta velocità nel nodo fiorentino e per il sotto-attraversamento della città. Da lì l’inchiesta si è allargata a tutte le più importanti tratte dell’Alta velocità del centro-nord Italia ed a una lunga serie di appalti relativi ad altri Grandi Opere, compresi alcuni relativi all’Expo.
Le ordinanze di custodia cautelare sono in corso di esecuzione dalle prime ore di questa mattina a Roma e a Milano da parte del Ros, che contestualmente sta effettuando in diverse regioni perquisizioni di uffici pubblici e sedi societarie riconducibili agli indagati.
I carabinieri del Ros stanno eseguendo decine di perquisizioni nei domicili degli indagati e anche negli uffici di diverse società tra cui Rfi e Anas international Enterprise. In primo piano nell’indagine, i rapporti tra il manager dei lavori pubblici Ercole Incalza e l’imprenditore Stefano Perotti cui sarebbero state affidate nel tempo la progettazione e la direzione dei lavori di diverse grandi opere in ambito autostradale e ferroviario, dietro compenso.
Secondo l’accusa sarebbe stato proprio Incalza – definito “potentissimo dirigente” del ministero dei Lavori Pubblici, dove è rimasto per 14 anni, attraversando sette governi, fino all’attuale – il principale artefice del “sistema corruttivo” scoperto dalla procura di Firenze. Sarebbe stato lui, in particolare, in qualità di ‘dominus’ della Struttura tecnica di missione del ministero dei Lavori pubblici, ad organizzare l’illecita gestione degli appalti delle Grandi opere, con il diretto contributo di Perotti, cui veniva spesso affidata la direzione dei lavori degli appalti incriminati. Riguardo agli altri due arrestati, Pacella è un funzionario del ministero, stretto collaboratore di Incalza, così come gravitava nell’ambito del dicastero anche Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato.
“L’Italia non è un paese strano. Purtroppo noi abbiamo una predisposizione all’irrequietezza, non vorrei dire all’illegalità, che purtroppo c’è. È un paese il nostro in cui la corruzione è un tumore come la mafia”. Lo ha detto, a margine di un’iniziativa a Firenze, il prefetto del capoluogo toscano, Luigi Varratta, in merito all’inchiesta sulle grandi opere. “Sono dell’avviso – ha aggiunto – che la corruzione va combattuta come la criminalità organizzata. Non vorrei dire che l’Italia è un paese corrotto, però lo dicono studi ed osservatori internazionali che ci collocano all’ultimo posto fra i paesi europei come percezione della corruzione. Quello che è accaduto stamattina purtroppo è in linea con queste riflessioni”.