Roma, 15.04.2019 – Riguardo ai tragici eventi dell’altro ieri in provincia di Foggia, numerosissimi gli articoli anche di autorevoli giornalisti di varie testate..
Intervistato dall’Adnkronos, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Giovanni Nistri, portatosi subito sul posto, ha commentato: “Vincenzo è un’altra vittima tra i militari che ottemperano al loro giuramento e svolgono il loro dovere per la tutela della legalità a favore della sicurezza dei cittadini”.
In un toccante post sui social network, sconosciuti Carabinieri hanno scritto. “Una vita umana vale il mondo intero.. E così il Maresciallo Maggiore Vincenzo Carlo Di Gennaro, 46 anni, morendo in servizio nella piazza di Cagnano Varano (FG), il paese dove lavorava presso la locale Stazione Carabinieri, è un mondo che scompare. Lo ha ucciso un uomo con precedenti penali, che ha estratto una pistola in occasione di un controllo e ha sparato ferendo anche un altro Carabiniere, al quale vanno i nostri auguri di pronta guarigione”.
E ancora: “Il maresciallo era celibe e non lascia figli, diranno le prime note di agenzia. Ma tutti noi ne siamo orfani. I familiari, gli amici, i colleghi. Chiunque abbia a cuore la giustizia e conosca il valore della vita. Arrivederci nel cielo, Vincenzo Carlo. Il viaggio ti sia lieve”.
Il Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, su “Il Corriere del Mezzogiorno” di Puglia e Matera, dichiara “Adesso blindiamo il Gargano.. Foggia come Napoli..Più Forze dell’Ordine.. quasi una militarizzazione della zona, contesto di grande particolarità..un’area occupata da diversi clan contro i quali è necessario in tempi rapidi una risposta decisiva..Quale la caratteristica della mafia foggiana? Risponde l’alto Magistrato..Aggressività,violenza, mancanza di regole… il grande businnes criminale rimane quello della droga..”
Bene per la incentivazione del controllo del territorio, che condividiamo e sul quale ci siamo spesso intrattenuti, quale fattore di deterrenza…ma dell’aumento di Magistrati e potenziamento degli organi investigativi di Polizia Giudiziaria con personale di esperienza specifica non se ne sente parlare.. Infatti, a dimostrazione di ciò, sappiamo che è stato soppresso il Tribunale di Lucera, in comprensorio situato nel centro degli interessi della mafia foggiana, di cui era ancora per poco Procuratore della Repubblica Domenico Secci, quando pubblicò (2013) il libro di cui tratteremo, e questo perchè rientrante tra gli Uffici Giudiziari sub provinciali anche in zone sensibili soppressi da una discutibile nuova Legge-delega… Sì, possiamo, alla luce di tutto ciò, motivatamente affermare che questa è un’altra vera vergogna nazionale! Proprio così, in quest’Italia dei primati negativi ed oggi anche dei…proclami….
Bene.. Ora un passo indietro e analizziamo la mafia foggiana… i clan della mafia denominata “Società”; un’organizzazione criminale che, dopo essersi riciclata anche attraverso l’eliminazione dei vecchi boss di origine cutoliana, cioè già sodali del superboss napoletano Raffaele Cutolo, che negli anni settanta “battezzava” gli affiliati alla sua “Nuova Camorra Organizzata” in quel di San Severo di Foggia, da lunghi anni è entrata a pieno titolo nel gran panorama delle mafie di Puglia.
Sono le vicende di violenza e sangue quelle raccontate dal Procuratore di Lucera, Domenico Seccia, nell’interessante e bel libro “La Mafia Sociale” (“edizioni la meridiana”, luglio 2013). Questo libro, introdotto da una prefazione di Raffaele Cantone, Pubblico Ministero Antimafia “di punta” di Napoli (all’epoca da poco nominato dal Governo “Autorità Nazionale Anticorruzione”), attualissimo, come il precedente, “La mafia innominabile” (stessa casa editrice, 2011), ci racconta di una mafia di cui nessuno parla, quella di Capitanata (la Provincia di Foggia) “Perché – come scrive Seccia – qui non vi è stata alcuna rivoluzione dei lenzuoli. Qui si continua a dire che non vi è alcuna infiltrazione mafiosa. Dalla lettura del libro, attraverso citazioni di sentenze a seguito di processi, stralci di interrogatori, lettere dei boss dal carcere, intercettazioni, apprendiamo le modalità con cui le principali famiglie della “Società” foggiana abbiano costruito il loro predominio criminale. C’è anche il racconto del pentito Antonio Catalano della “lista”, come chiamata la posizione del comando del clan allora più potente, il collettore economico della mafia foggiana, che spiega la causa della morte violenta di quanti hanno provato ad impossessarsene imponendo la loro leadership criminale. Sono riportate le storie di chi è stato trucemente ucciso per la sua vicinanza agli ambienti mafiosi, ma anche quella di chi non ha voluto piegarsi alla logica del sopruso ed è stato costretto a doverne fare comunque i conti. Sin qui l’interessante libro del Procuratore Secci, la cui Procura della Repubblica.. (incredibili dictu!).. è stata … soppressa…!
Ora, per maggiore chiarezza, per quanti hanno la pazienza di leggere, descriviamo brevemente il panorama criminale della Puglia. Bisogna in primis sgomberare il campo da un equivoco che induce a ritenere che la mafia pugliese si identifichi nella “Sacra Corona Unita”.
L’equivoco, che trova giustificazione storica nella circostanza che tale organizzazione è stata il primo fenomeno criminale assimilabile al concetto di Mafia in Puglia, è superato da indagini e molte sentenze di condanna che circoscrivono la sua operatività all’area salentina e jonico-meridionale della Puglia, cioè le province di Brindisi, Taranto e Lecce.
La caratteristica della criminalità organizzata di Bari, invece, si manifesta con una pluralità di sodalizi di tipo “clanico”(da clan), ciascuno imperante in un ambito territoriale circoscritto che, nella città di Bari, corrisponde ai quartieri cittadini.
Quel che accomuna tutte le mafie pugliesi che, come scritto, sono scollegate da qualsivoglia strategia unitaria, è che raramente si manifestano con fatti eclatanti preferendo, a fattor comune, una politica di “immersione” per favorire gli “affari”, del tipo di quella attuata dalla più temibile “Cosa Nostra”.
Ora un ricordo personale del mio quadriennio nel Comando Provinciale di Taranto (1997/2001). Intendo ricordare un grande Comandante di Stazione, operativo al massimo, e per questo da me ovviamente ammirato, che venne anni dopo trasferito in provincia di Foggia dove, per il suo attivismo, meritò l’Encomio qui riportato…
Quindi, ricordiamo il Luogotenente Vincenzo Berardi, per vent’anni comandante della Stazione di Palagiano (TA), in servizio sino al novembre 2012, data del suo congedo, quale Vice Comandante della Tenenza di Vieste (FG), comprensorio dove ha continuato a profondere la sua attività di eccezionale investigatore e fedele servitore dello Stato..
In quel territorio della provincia foggiana, da tempo oltremodo gravata da fenomeni di criminalità organizzata, Berardi è stato oggetto di attentati e minacce estese anche alla famiglia per la sua azione forte di tutela della legalità..Ma per quale motivo desidero, personalmente, ricordare Vincenzo Berardi? Certamente per le sue qualità apprezzate nella mia quadriennale presenza a Taranto quale Comandante Provinciale, ma in particolare per un episodio che lo vide protagonista nell’identificare, ad appena due ore dalla consumazione di un duplice efferato omicidio, commesso in provincia di Taranto la sera del 4 novembre 1998, ai danni di due giovani dediti allo spaccio di stupefacenti, gli autori del gravissimo fatto.
Giunto sul posto, nottetempo, sebbene fuori dalla sua giurisdizione, com’era nel clima di entusiastica coesione operativa dell’epoca che faceva sì che tramite Centrale Operativa tutti i reparti sapessero quel che accadeva nell’ambito provinciale, riconosciute le vittime a lui ben note perché monitorate dalla sua Stazione con lunghe indagini e, quindi, intuito rapidamente quale poteva essere il movente, a seguito di breve consultazione con gli investigatori presenti sul posto, si portò subito nell’abitazione di tale Cosimo Orlando, che veniva fermato, mentre altro personale procedeva, su indicazioni del Berardi, al fermo di Michele Gentile, rintracciato poco dopo. Il duplice omicidio – secondo quanto accertato all’epoca dalle indagini, avvalorate da sentenze di condanna – maturò nell’ambito di contrasti tra clan rivali per contendersi l’attività di spaccio di droga nella zona.
Dalla letteratura popolare, compresa quella televisiva con il Maresciallo Rocca, apprendiamo di quella figura dell’Eroe positivo che è sempre esistita nell’immaginario popolare, perché davvero aderente alla realtà della vita in ogni dove, dalle Alpi alla Sicilia. Questi è sovente il Maresciallo di Stazione, figura a tutti ben nota; ma oggi, non dobbiamo parlare di Marescialli descritti magistralmente dalla penna di grandi scrittori, ovvero visti in sceneggiati televisivi, ma dobbiamo rivolgere il nostro pensiero e saluto agli oscuri ma grandi Carabinieri di Stazione di ieri e di oggi che hanno nel tempo vissuto nei ranghi della normalità, e nel loro quotidiano operare hanno dato sempre continua prova di umiltà, dedizione allo Stato e tenace attaccamento al dovere!
E così il Maresciallo Maggiore Vincenzo Carlo Di Gennaro.. così il Carabiniere Pasquale Casertano.. coinvolti nella recente tragedia in Terra foggiana…