Roma, 19 dicembre 2019 – Sono oltre 2.500 i Carabinieri che, con l’operazione “Scott-Rinascita”, dall’alba sono impegnati in Italia ed all’estero per dare esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia cher ha coordinato le indagini dei Carabinieri nei confronti di 334 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, detenzione di armi, traffico di stupefacenti, truffe, turbativa d’asta, traffico di influenze e corruzione. Dei 334 indagati sottoposti alla misura cautelare, 260 sono stati ristretti in carcere, 70 agli arresti domiciliari e 4 sottoposti al divieto di dimora.
I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti in Calabria e in varie province della Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania, Basilicata, nonché in Svizzera, Germania e Bulgaria.
Nella medesima giornata si è data esecuzione anche a un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.
L’operazione ha visto impiegati i carabinieri del R.O.S. ed il Comando Provinciale Carabinieri di Vibo Valentia, con il supporto dei Comandi Provinciali territorialmente competenti, di personale del G.I.S, del 1° Reggimento Paracadutisti Tuscania, del NAS, del TPC, dei quattro Squadroni Eliportati Cacciatori e dell’8° Elinucleo CC nonché lew Polizie locali della Svizzera, Germania e Bulgaria.
I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento e dal Comando Provinciale di Vibo Valentia hanno consentito di ricostruire con completezza gli assetti di tutte le strutture di ‘ndrangheta dell’area vibonese e fornito un’ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘ndrangheta, al cui interno le strutture territoriali (locali/ ‘ndrine) godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del Crimine di Polsi.
Le risultanze dell’operazione SCOTT-RINASCITA hanno documentato l’esistenza di strutture quali società, locali e ‘ndrine, in grado di controllare il territorio di riferimento e di gestirvi capillarmente ogni attività lecita o illecita, asservite ad una struttura provinciale – il crimine della provincia di Vibo Valentia – con compiti di coordinamento delle articolazioni territoriali e di collegamento con la provincia di Reggio Calabria e il crimine di Polsi, quale vertice assoluto della ‘ndrangheta unitaria.
Le investigazioni hanno permesso di accertare e documentare la pluralità di condotte delittuose della capacità di infiltrazione nell’imprenditoria, operata con meccanismi sempre più sofisticati, grazie al contributo di professionisti collusi e dimostrata dalle numerose fittizie intestazioni documentate dalle indagini e da svariate operazioni di riciclaggio svolte nella provincia vibonese (acquisto di strutture turistico-alberghiere, bar, ristoranti, imprese operanti nel settore alimentare e della distribuzione, e con investimenti nel settore immobiliare svolti da soggetti prestanome, nonché con la partecipazione ad aste pubbliche per l’acquisto di terreni, immobili, autovetture di pregio, tramite terzi soggetti), a Roma (creazione di una rete di negozi operanti nel settore calzaturiero e l’apertura di una fabbrica, attraverso un circuito societario facente capo a società di diritto britannico controllate da articolazioni dell’associazione), a San Giovanni Rotondo (acquisto di una struttura turistico-alberghiera in società con imprenditori lombardi in difficoltà economiche), all’estero (Regno Unito) tramite la creazione di reti societarie, necessarie a simulare operazioni commerciali per ripulire il denaro di provenienza delittuosa, successivamente investito in imprese operanti nel territorio italiano; l’accaparramento di terreni rurali nella provincia vibonese ottenuto con modalità estorsive; la sistemica pressione estorsiva svolta nei confronti dei commercianti e degli imprenditori, costretti, in cambio della protezione, a garantire la consueta messa a posto ammontante, di massima, al 3% del valore dei lavori svolti, l’assunzione di personale segnalato dalle cosche e l’imposizione di forniture;
l’usura svolta in modo massivo nei confronti di commercianti ed imprenditori in difficoltà;
il traffico di sostante stupefacenti; la commissione di danneggiamenti perpetrati tramite incendi ed esplosioni di colpi d’arma da fuoco; il controllo mafioso dei servizi funerari;
la consumazione, nel periodo 1996-2017, dei seguenti 4 omicidi e di 3 tentati omicidi:
omicidi di LO GIUDICE Antonio e di SORIANO Roberto, uccisi a Filandari (VV) il 6.8.1996 ad opera degli indagati R.S. e A. G. A., in concorso con altre persone non identificate. Il duplice omicidio sarebbe stato deciso da R. in risposta ad un tentativo di omicidio subito ad opera del S., derivante da dissidi insorti tra lo stesso R. e M. G., detto ‘Mbrogghia’; omicidio di LO BIANCO Nicola, ucciso a Vibo Valentia, in data prossima al 3.05.1997, ad opera dell’indagato F. G., in concorso con altre persone n.m.i.. Il movente sarebbe da ricondursi a dissidi in ordine al narcotraffico; l’ omicidio di CRACOLICI Alfredo, esponente apicale dell’omonima ‘ndrina, inteso L. P., avvenuto a Vallelunga (VV) il 8.2.2002, ad opera di I. A. e B. D. , in una strategia espansionistica della cosca “BONAVOTA”.
tentato omicidio di FRANZE’ Antonio e PUGLIESE Carmelo, avvenuti a Vibo Valentia, rispettivamente il 27 ed il 28 settembre 2017, ad opera dell’indagato M. D., detto ‘Mommo’. Entrambi gli episodi sono stati ricondotti ad uno scontro interno alla locale di Vibo Valentia città tra esponenti delle ‘ndrine dei R. e dei C., alimentato dal tentativo di M. (appartenente ai R.), di assurgere ad un ruolo verticistico; tentato omicidio di SICARI Alessandro, avvenuto a Vibo Valentia il 21.01.2018 ad opera degli indagati M. D. e F. M. che volevano punire la vittima, anch’ella legata allo stesso contesto criminale, per la sottrazione di una pistola.
Infine, a dimostrazione dell’elevato livello di pericolosità dell’associazione, oltre al sequestro – in più occasioni – di numerose armi comuni e da guerra (complessivamente sono state sequestrate 11 tra pistole e revolver, 12 tra fucili, carabine e mitragliatori, nonché abbondante munizionamento di vario calibro), è emersa la costante ricerca di contatti con esponenti politici, massoni, influenti professionisti, rappresentanti delle istituzioni e dell’imprenditoria, finalizzati al perseguimento degli illeciti fini sociali, in taluni casi conseguiti.
Fra i destinatari del provvedimento, avvocati, politici e due comandanti della Polizia Locale.