Torino, 24 aprile 2017 – Nel pomeriggio odierno, i Carabinieri del R.O.S. hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Torino nei confronti del 29enne cittadino marocchino E. A. M., ritenuto gravemente indiziato dei reati di “associazione finalizzata al terrorismo internazionale e di istigazione a delinquere ed apologia di reato aggravati”.
Il provvedimento è stato emesso a conclusione delle indagini svolte dai Carabinieri del ROS, coordinati dalla Procura della Repubblica torinese.
Il marocchino era stato individuato nel settembre 2016 nell’ambito delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” e “lone wolves”. Il clandestino era internauta che, utilizzando il nickname “Salah Deen” sul social network Facebook, aveva condiviso immagini di propaganda jihadista di difficile reperibilità, elemento che indicava il potenziale inserimento dell’utente nell’organizzazione terroristica ISIS. L’indagine dei Ros, si collegava con quelle condotte dal Federal Bureau of Investigation (F.B.I.) statunitense. In particolare, come sarebbe meglio emerso in seguito, lo stesso era tra gli amministratori di un canale chat tematico denominato “Lo Stato del Califfato Islamico” e, localizzato in Italia, aveva esternato la volontà di pianificare un attentato terroristico nel nostro Paese ed era alla ricerca di altri sodali per la sua realizzazione, indagine coordinata dapprima dalla Procura della Repubblica di Roma e poi trasmessa per competenza territoriale a quella di Torino.
Il marocchino, era riuscito a conquistarsi la fiducia di due italiani S.M. e F.G., madre e figlio, tanto da farsi ospitare per nove anni e da essere da loro considerato quasi alla stregua di un figlio adottivo. Grazie a tale sistemazione di comodo ed adottando tutte le cautele suggerite nella pubblicistica diffusa dallo Stato Islamico per i mujaheddin in Europa, lo stesso si era garantito nel tempo la massima copertura, in particolare utilizzando utenze telefoniche intestate a terze persone italiane (tra cui quelle dei propri ospiti), riuscendo così a non destare sospetti circa le sue reali intenzioni, nemmeno nei predetti ospitanti, ancorché costoro ne conoscessero l’orientamento ideologico di tipo radicale.
Il giovane, in rete, affermava di essere il portavoce dell’organizzazione terroristica e di aver giurato fedeltà al suo emiro, Abu Bakr Al-Baghdadi; divulgava le notizie dell’agenzia “Amaq”, organo di stampa ufficiale di “Stato Islamico”. Diffondeva consigli indirizzati dall’IS ai “lupi solitari” e ai “foreign terrorist fighters”; pubblicava materiale su tecniche di combattimento, di assassinio, di depistaggio dei controlli delle forze di polizia e sui comportamenti da tenere nei Paesi occidentali per diventare “invisibili”; giustificava, inneggiava e approvava gli attentati recentemente commessi in Germania, Svezia e Francia; istigava a compiere attentati contro i “miscredenti” e pubblicando documenti quali “Disposizioni sull’omicidio di volontari e servi del Cristianesimo”, che contiene citazioni della rivista “Rumiyah” circa l’uccisione di preti cristiani o “Dal potere al potere”, a sostegno dell’IS o ancora “Lo stato islamico e il suo Califfato moderno”.
E.A.M. invitava i fedeli musulmani ad unirsi allo Stato Islamico, facendo concreta apologia, come “…noi vogliamo Medina, Mecca, Gerusalemme, la Casa Bianca e Roma, con il permesso di Allah ma non soltanto Siria…”, augurandosi che gli eventuali “traditori” siano messi “…nello spiedino del kebab…” e dati ai cani “… dopo averli arrostiti…”, invitando i fratelli a fare il jihad “…sgozzandoli con un coltello.. bruciandoli e facendoli a pezzi e rendendo le loro vite impossibili…”, dando agli stessi mujaheddin consigli come ad esempio:“…taglia la testa del Kafir, brucialo, annegalo, colpiscilo con il coltello, fallo esplodere, fai quello che vuoi, il sangue del Kafir non è Halal… e condividendo anche un video nel quale viene mostrato al “nuovo jihadista” come uccidere i miscredenti con i coltelli, come avvicinarli e sorprenderli, nonché come fabbricare esplosivi rudimentali.
Nell’emettere il provvedimento restrittivo, il G.I.P. ha scritto che “All’interno di un’organizzazione particolarmente frastagliata ed articolata in tutto il mondo come Daesh, spesso sostenuta da elementi singoli che non hanno veri e propri legami con l’apparato direttivo centrale, la presenza di un « promotore » qualificato (“portavoce ufficiale dello stato islamico”), responsabile della propaganda e del proselitismo ed in grado di “condividere” fonti ed informazioni ufficiali ed aggiornate, è fondamentale e di importanza (rispetto al perseguimento dei fini dell’organizzazione terroristica) pari a quella di un “combattente”, figura peraltro dall’indagato costantemente evocata e proposta (anche per se stesso) in termini positivi ed eroici”.
Infine, nel valutare il pericolo di reiterazione del reato, lo stesso Giudice ha affermato che “In conclusione si tratta di un soggetto estremamente pericoloso, che sta attualmente svolgendo un’importante opera di proselitismo ed incitamento ad azioni violente e letali per un numero indeterminato di persone e che, per intenti e personalità, presenta un altissimo rischio di passare direttamente all’esecuzione di tali gravi atti di violenza”