Milano 01 luglio ore 22:36NEWS – Dopo 10 ore di camera di consiglio, la Corte di Assiste di Bergamo presieduta da Antonella Bertoja, ha messo fine al primo grado di processo nei confronti di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello, accusato del sequestro e dell’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, di Brembate di Sopra (Bergamo), scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata esattamente tre mesi dopo, morta, a Chignola d’Isola, a 10 chilometri da Brembate.
La rappresentante della pubblica accusa, pm Letizia Ruggeri, nella sua requisitoria del 13 maggio, precisando che non è stato accertato “un movente né una dinamica che si possa affermare con sicurezza dell’omicidio ma esisteva “il faro”, “la prova” contro Bossetti, il suo Dna sul corpo della vittima e “un corollario di indizi gravi, precisi e concordanti”: i suoi tabulati telefonici, le immagini del suo furgone nelle telecamere di sorveglianza, le fibre di tessuto sul corpo della vittima, riconducibili al suo furgone”, aveva richiesto per Massimo Bossetti la condanna all’ergastolo con sei mesi di isolamento diurno.
I giudici, dopo quasi un anno di processo, l’isolamento di circa 18mila profili di Dna, prima di identificare Massimo Bossetti, 45 udienze e l’audizione di centinaia di testimoni ed a quasi sei anni dal crimine, hanno pronunciato la sentenza con la quale viene identificato autore dell’omicidio di Yara Gambirasio per Massimo Bossetti, condannandolo all’ergastolo, senza infliggere i sei mesi di isolamento diurno.
Certamente ci sarà appello da parte dei difensori di Bossetti.
Mentre Bossetti ha accolto la sentenza senza scomporsi, sollevando gli occhi al cielo dicendo poi ai suoi legali “Non è giusto, è una mazzata, avevo fiducia nella giustizia”, i genitori della ragazza uccisa, dopo un calvario di anni hanno accolto con la compostezza che li ha contraddistinti per tutta la vicenda dicendo “Ora sappiamo chi è stato, anche se sappiamo che nessuno ci restituirà Yara”