Il nostro ricordo dei tragici fatti che sconvolsero queste terre tra il 12 gennaio e il 18 maggio del 1944.
Roma, 11 gennaio – Settantuno anni fa l’Abbazia di Montecassino era solo un ammasso di rovine fumanti. La barbarie della Seconda Guerra Mondiale l’aveva attraversata con tutta la ferocia, dimostrando per l’ennesima volta quanto può diventare ottuso l’uomo quando cade preda dei suoi sentimenti più violenti. I tedeschi ne avevano fatto una roccaforte, gli alleati la distrussero con i bombardieri e anche la cittadina ad essa legata subì la medesima sorte. Oggi, a ricordo di quei giorni tristi e luttuosi, a Cassino riposano le anime dei tanti soldati, ragazzi, caduti per la follia che in quegli anni sconvolse l’Europa e i cimiteri di guerra inglese, polacco, tedesco, francese e italiano stanno lì come un monito per le nuove generazioni. “Non cadete più negli errori dei padri” sembrano dire e visitarli è una buona occasione per non dimenticare.
Con il nome di “battaglia di Montecassino” si comprendono quattro battaglie qui combattute tra il 12 gennaio e il 18 maggio del 1944. Gli alleati, cha salivano verso Roma da Sud volevano sfondare la “linea Gustav” proprio a Cassino e nella Valle del Liri, per poi ricongiungersi ai loro commilitoni sbarcati ad Anzio. Ma qui rimasero inaspettatamente impantanati per cinque mesi, fino a quando, la mattina del 18 maggio, una pattuglia di ricognizione di Polacchi del 12º reggimento lancieri si arrampicò sulle rovine dell’Abbazia (inopinatamente e inutilmente distrutta dai bombardieri nei mesi precedenti) dove innalzò la propria bandiera. La battaglia era finita e gli alleati poterono finalmente avanzare verso Roma, per poi liberarla il 4 giugno, pochi giorni prima dello sbarco in Normandia. L’operazione aveva avuto un costo altissimo di vite umane: 18.000 perdite per gli americani, 14.000 per gli inglesi e 11.000 per i tedeschi. Senza contare l’orrore che accadde dopo la vittoria, quando vennero effettuati stupri di massa da parte dei soldati algerini e marocchini agli ordini del generale francese Alphonse Juin, che aveva concesso loro assoluta libertà di comportamento per 50 ore come premio per aver sfondato il fronte difensivo tedesco. A farne le spese furono le donne, i bambini e i sacerdoti della zona e ancora oggi, a distanza di quasi 71 anni da allora, nessun tribunale internazionale si è interessato della vicenda e nessuno dei militari responsabili è stato sottoposto a giudizio come criminale di guerra. Una vergogna della quale la comunità internazionale si è macchiata e continua a macchiarsi.
Tornando all’Abbazia, fondata da S.Benedetto nel 529, va ricordato che come in tutte le altre occasioni in cui era stata distrutta (nel VI sec. dai Longobardi, nell’883 dai Saraceni, nel 1349 dal terremoto) o saccheggiata (dalle armate napoleoniche di Championnet nel 1779), anche dopo la seconda guerra mondiale venne ricostruita in tutto il suo splendore. Sorta sulla base di una preesistente fortificazione romana del municipio Casinum, aveva ospitato il Santo Patrono d’Europa nei giorni in cui scrisse la sua famosa Regola. Prima del Mille e per tutto il Medioevo era stato un importantissimo centro di cultura e di diffusione del monachesimo occidentale e i suoi monaci erano stati i protagonisti della conservazione e della sopravvivenza del pensiero e della letteratura antica. Codici miniati, croci, astili, reliquiari, opere in oro e argento oggi esposti nel Museo allestito nelle sale dell’Abbazia stessa.