Se n’è andato, tra l’indifferenza di tanti, uno tra i più grandi scrittori dei nostri tempi.
Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura nel 1982, è morto il 17 aprile scorso nella sua casa di Città del Messico. Aveva 87 anni ed era considerato il maggior esponente del cosiddetto “realismo magico”. Scrittore energico e combattivo, dotato di una infinita sensibilità, ha contribuito a rilanciare fortemente l’interesse per la letteratura latinoamericana. Il realismo magico lo pone prepotentemente in quella generazione di scrittori che recuperarono la narrativa fantastica del romanticismo, di cui Ernst Theodor Amadeus Hoffmann ne era il principale riferimento.
Márquez fu uno dei quattro scrittori della consacrazione letteraria latinoamericano degli anni sessanta e settanta; oltre a lui possiamo annoverare nel gruppo Mario Vargas Llosa (peruviano), Julio Cortázar (argentino) e Carlos Fuentes (messicano), sempre nello stesso periodo, ma non accostabile ai quattro, si faceva spazio l’argentino Jorge Luis Borges che perseguì un filone letterario diverso.
Cent’anni di solitudine (1967) è sicuramente il romanzo più rappresentativo di Marquez e una delle opere più significative della letteratura del Novecento. Una pubblicazione che gli porterà fama internazionale e che influenzerà gli scrittori di periodi successivi, come Paulo Coelho e Isabel Allende. Cent’anni di solitudine riporta diversi miti e leggende locali attraverso la storia della famiglia Buendía, che per il loro spirito avventuroso si collocano entro le cause decisive degli eventi storici della Colombia. “La ripetitività del tempo e dei fatti è appunto il grande tema del romanzo, un tema in cui l’autore riconosce la caratteristica della vita colombiana e attraverso cui vediamo delinearsi altri elementi: l’utilizzo di un “realismo magico” che mostra un microcosmo arcano in cui la linea di demarcazione fra vivi e morti non è più così nitida e in cui ai vivi è dato il dono tragico della chiaroveggenza, il tutto con un messaggio cinicamente drammatico di fondo, di decadenza, nostalgia del passato e titanismo combattivo di personaggi talvolta eroici ma votati alla sconfitta.”
Gabriel Garcia Marquez ci ha lasciato tante parole che hanno il sapore dell’infinito, parole che ci emozioneranno sempre! Abbiamo scelto forse la più bella che denota il difficile rapporto che lo scrittore ha avuto con l’amore: «Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l’amore poteva tutto. – È vero – le rispose lui – ma farai bene a non crederci». (tratta da Dell’amore e di altri demoni)