Capace di utilizzare tecniche e linguaggi diversi (dall’olio su tela e tavola alla matita, dal carboncino alla tempera, dalla creta alla lavorazione su lastre d’oro), Aloise è un pittore straordinario e dalla sensibilità unica, perfettamente espressa in lavori che, come scrive Ettore Della Giovanna, “sono come i sogni di Baudelaire, che chiedeva alle donne di essere belle di una bellezza che avvince e tristi, di una tristezza che soggioga”. L’esposizione, a ingresso libero, con la quale la famiglia ha scelto di rendere omaggio all’artista e all’uomo, padre e marito, punta a valorizzare e a divulgare la sua opera e offre al pubblico la possibilità di ammirare uno spaccato importante della sua vasta e ricca attività. In mostra circa 50 pezzi, un’ampia raccolta di lavori pittorici, oli su tela o tavola, che rappresentano un interessante viaggio all’interno delle tematiche della sua produzione espresse dalle variazioni cromatiche dei diversi periodi: dal fortissimo legame con la sua terra d’origine, spesso concepita come madre e ritratta nei pochi paesaggi e nei molti componimenti onirici e di denuncia sociale, al mondo dei sogni e dell’inconscio fino alle atmosfere tristi e raffinate in cui si ritrovano le rappresentazioni simboliche di eroi malinconici e perdenti come Pulcinella e Don Chisciotte. Figura eclettica, nell’arte e nella vita, Guido Aloise, calabrese di nascita e romano d’adozione, dimostra fin da bambino un’innata capacità artistica premiata anche da alcuni concorsi indetti per le scuole elementari. Dopo un breve periodo all’Accademia di Belle Arti, incalzato dagli eventi bellici, decide di lasciare gli studi e cercare lavoro. Non per questo abbandona però la passione per l’arte che, anzi, per un lungo periodo riesce addirittura a far convivere con altri mestieri: il disegnatore tecnico-elettronico, il cartellonista cinematografico, l’illustratore di “affiches” pubblicitarie, il fotografo e addirittura l’attore di fotoromanzi. Intanto prende parte a note collettive, che gli valgono consensi di critica e pubblico, e, dal 1960, espone in mostre personali sia in Italia che all’estero. In questo periodo la sua produzione è caratterizzata da atmosfere cupe e da colori scuri, che sono l’espressione delle angosce e dei tumulti di un’epoca carica di conflitti sociali e accadimenti tragici. E’ solo con la fine degli anni ’70 e con il decennio successivo che la tavolozza si accende e la luce si fa strada nelle tele dell’artista, che diventano molto più vibranti e, forse, anche più sicure nel tratto e nella pennellata. Sono queste le opere della maturità, quelle in cui trovano spazio i quadri a carattere onirico, veri e propri racconti dell’inconscio, dove le paure e il trauma infantile per la perdita della madre, vissuto come un abbandono, sono ben visibili e ricorrenti. Intanto dal 1976, rassicurato anche dalla sempre maggiore richiesta da parte di galleristi e mercanti, decide di dedicarsi completamente alla pittura. La ricerca di forme espressive sempre nuove lo porta frattanto a cimentarsi anche nella scultura e nella riproduzione dei suoi lavori su lastre d’oro. Artista autodidatta dallo spiccato talento, Aloise dipinge per un bisogno istintuale, emotivo, quasi terapeutico tanto che la sua pittura è una sorta di “analisi psicologica”, come dimostra anche la sua attenzione verso il mondo dei sogni. Di indole indipendente, non cede ai compromessi o ai sodalizi politici, non si nasconde dietro la tessera di un partito o tra le fila dei pittori maledetti, non frequenta gli ambienti che contano e non è un “radical chic”. La droga non fa per lui così come la sperimentazione di “tecniche estreme”. Tutto questo lo rende poco appetibile agli occhi della Roma pseudo-intellettuale del periodo. Ciononostante il pubblico e alcuni critici attenti riconoscono la profondità del suo talento e ammirano i suoi lavori, sia quando sono volti a rappresentare tematiche sociali o oniriche, sia quando sono soltanto purezza figurativa ed estetica. Da ricordare, tra i suoi lavori, l’affresco dell’altare maggiore nella Chiesa di Sant’Aniello a Cosenza, monumentale e stupenda raffigurazione del Giudizio Universale, e i due dipinti, dedicati all’Ultima Cena e alla Deposizione, nell’abside della Chiesa di Santa Maria Addolorata a Roma. Molte anche le donazioni fatte dall’artista alle istituzioni pubbliche. Tra queste l’omaggio di una “Testa di Cristo” al Pontefice Giovanni Paolo II nel 1979, un murales nella cittadina calabra di Fuscaldo Marina e due bozzetti su tela per il mosaico absidale della Chiesa di San Francesco di Paola a Catona (RC). Scompare a Roma, all’età di soli 60 anni, nel 1986.
L’appuntamento per il vernissage è fissato per sabato 4 maggio dalle 17.30 alle 20.