Sempre, gli autori, molto bene onorano le linee guida che devono informare l’attività di un bravo scrittore, e cioè seguire le regole di disciplina e rigore; infatti, lo scrivere richiede lavoro costante e un grande impegno mentale per assicurare il mantenimento dello stile e del linguaggio. E questo l’ho riscontrato curando, il 27 febbraio 2012, su questa testata, la recensione del bel libro “NEL SECOLO FEDELE – L’ITALIA DEL NOVECENTO VISTA DA UN UFFICIALE DEI CARABINIERI” (“Mondostudio Edizioni”- Cassino), scritto dal Generale Giuseppe Messina, da alcuni anni in congedo, con autorevole e appassionata prefazione del più grande e amato Comandante dell’ Arma, l ‘indimenticato Generale Luigi Federici. L’autore racconta la sua vita umana e professionale vissuta sempre in prima linea, avendo operato in aree ad altissima incidenza mafiosa. Messina appartiene davvero a quella razza ormai rara di ufficiali dal grande carisma, dal cuore nobile e dal coraggio leonino, sempre alla testa dei propri Carabinieri. Stessa impressione ho avuto anche recensendo “LA NOBILDONNA” (edito da Ibiskos- Risolo) e “LE VERITA’ INATTESE” (Editore www.cera1volta.it), due romanzi noir scritti dall’ esperienza investigativa dell’ autore, il Maggiore Giuseppe Marletta, brillante Ufficiale dei Carabinieri ed ottimo investigatore, che ha voluto dare continuità al suo amore per l’Arma, quella che opera in silenzio e abnegazione nei piccoli centri dove svolge un’insostituibile funzione sociale. In questi ultimi giorni mi è capitato, invece, di leggere due romanzi di due superpoliziotti, Antonio Manganelli e Ansoino Andreassi, avuti in dono da amici. Antonio Manganelli, indimenticato grande Capo della Polizia, deceduto purtroppo recentemente per malattia, il 20 marzo scorso, comincia il suo libro “IL SANGUE NON SBAGLIA” (Rizzoli-2013), pubblicato dopo la sua morte, raccontando il suo arrivo a Houston, all’ Oncology Centre, dove apprende “una verità terribile” sul proprio stato di salute. La storia è quella del delitto di Anna de Capraris, aristocratica benefattrice, residente in un quartiere signorile della Capitale, che era stata uccisa all’interno della sua auto vicino al Ponte delle Valli. Le indagini sono condotte dall’Ispettore Giovanni Galasso della Squadra Mobile romana, coadiuvato dal suo braccio destro, l’Ispettore Bevilacqua. Nell’ ufficio di Galasso, in via San Vitale, tutto il suo mondo era compendiato in semplici cose. Sulla scrivania, il computer, la foto della dolce moglie Sabina e piccoli oggetti ricordo, con una lente d’ingrandimento forse inutile ma emblema e simbolo per un intelligente moderno detective; alle pareti, le pergamene degli encomi e attestati a testimonianza di un lavoro difficile ma ricco di soddisfazioni. Così, il paziente e caparbio poliziotto sarebbe arrivato nei tempi giusti alla soluzione del crimine, componendo le tessere del mosaico degli indizi che diverranno prove certe. Scrive Manganelli:”L’investigatore è un operaio; si sporca le mani, smonta e rimonta la verità, ne studia i meccanismi, individua l’ingranaggio che non funziona. La sua cassetta contiene t
Provare per credere!