La misura

La misura

Sor Checco se guardava la foijetta
co’ l’espressione de l’innammorato.
Diceva:”questo è quello che me spetta,
me la bevesse tutta co’ ‘n sol fiato”.

Ma ce ripenza e dice: “e poi che faccio
guardo traverso er vetro? So’ cretino?
meijo si bevo come ‘n poveraccio
e intanto me lo scolo ‘sto quartino.”

Fra intanto la minestra nun arriva;
dice:” Che faccio mo, mentre ch’aspetto?”
e mentre sora Lella preparava,
se beve tutt’ a ‘n fiato ‘n chirichetto.

Ad aspetta’ nun era stato bono
manco quann’era sposo, tutto ‘n tiro,
e pe’ restà fedele e sempre a tono
mette le labbra e tira su ‘n sospiro.

Guarda sor Checco ar vetro de traverso,
Jie pija ‘na paura che ‘n te dico;
se sentirebbe, voijo dire, perso
si nun c’avesse er suo rimedio antico.

Se scola er goccio che ijera rimasto,
se butta ‘n terra come pe’ ‘n malore.
La sora Lella, intanto, porta er pasto,
lo vede e strilla “Checco, sempre er core!”

Lui se ripija e dice: “Mo sto meijo”.
La moije s’asserena ‘n momentino:
“Magnamo doppo, che si no baccaijo”.
Checco la guarda e dice: “Porta er vino”.

©Francesco.D’Agostino©diritti riservati©

Roma e le storie da osteria
La storia del vino e delle osterie si intreccia a Roma con il succedersi dei papi che nel tempo dimostrarono sempre un certo interesse per l’argomento, in parte dettato anche dalle cospicue entrate che le tasse sul vino assicuravano.
Numerose furono le norme emanate dai papi a cui gli osti dovevano attenersi. Si cercava sia di regolare l’uso smodato del vino da parte dell’esuberante popolo romano che, spesso dopo abbondanti banchetti e aver bevuto qualche bicchiere di troppo, finiva per degenerare in sanguinose risse, ma anche di evitare le frodi da parte degli osti.
La principale frode dell’oste consisteva nella cosiddetta “sfogliettatura” cioè la non completa riempitura del boccale, il recipiente fino a quel momento era di terracotta o di metallo e non permetteva di valutare il contenuto all’interno. Proprio per evitare tale malcostume il papa Sisto V Peretti decise di porre fine ai contenitori nei quali il vino non fosse visibile, concedendo all’ebreo Meier Maggino di Gabriello di fabbricare contenitori in vetro in modo che si potesse controllare l’esatta misura che l’oste serviva. Nel 1588 il pontefice obbligava gli osti ad utilizzare le nuove misure in vetro.
Nascono così le tipiche misure delle osterie romane, che ancora oggi sono presenti sulle nostre tavole.

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