Marc Chagall – Una retrospettiva 1908-1985
A Milano, al Palazzo Reale, dal 17/9 al 1° febbraio – capolavori e memorie
ilano, 25 agosto – (ansa) Sarà la più grande retrospettiva mai realizzata prima in Italia per celebrare il genio di Marc Chagall quella che si svolgerà dal 17 settembre all’1 febbraio a Milano, negli spazi di Palazzo Reale. Con oltre 220 opere provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private internazionali, la mostra sarà anche l’occasione per presentare un’autobiografia inedita del maestro russo, scoperta qualche tempo fa a Parigi, nell’archivio di Marc e Ida Chagall, in cui racconta scambi pungenti con Picasso, il tributo alla pittura di Claude Monet, l’ammirazione per Bonnard, il toccante primo viaggio ”in terra ebraica” (”sullo sfondo di quel paesaggio, riconoscevo e vedevo i profeti vicino a me”), le meraviglie floreali di Nizza, non risparmiando giudizi politici e religiosi. Intitolata ‘Marc Chagall.
Una retrospettiva 1908-1985′, l’importante esposizione è promossa dal comune di Milano-Cultura (nell’ambito del programma ‘Milano Cuore d’Europa’ ), ed è organizzata e prodotta da Palazzo Reale, 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore, Arthemisia Group e GAmm Giunti, mentre l’ideazione è di Claudia Zevi & Partners. A curare la rassegna proprio Claudia Zevi, che, in collaborazione di Meret Meyer, ha mirato a presentare l’intera produzione di questo artista amatissimo, dal primo quadro, ‘Le petit salon’, fino alle ultime, monumentali opere degli anni ’80. Lo scopo dichiarato è quello di documentare, grazie a una panoramica così completa e di qualità, la rarissima capacità di Chagall di restare sempre fedele a se stesso, alla sua cifra poetica e pittorica ancora oggi immediatamente riconoscibile da tutti, nonostante la sua vicinanza ai movimenti delle avanguardie storiche, di cui sperimentò i più svariati linguaggi. Prestiti eccezionali dai maggiori musei del mondo, quali il Moma, il Metropolitan Museum, la National Gallery di Washington, il Museo Nazionale Russo di S. Pietroburgo, il Centre Pompidou (in tutto oltre a 50 collezioni pubbliche e private), i capolavori (dipinti, acquerelli, gouache, pastelli) che saranno esposti a Milano presenteranno dunque una nuova interpretazione dell’arte di Chagall, che costruì la propria vena poetica nel corso del ‘900 amalgamando genialmente tra loro le diverse radici culturali a cui per tutta la vita appartenne: quella originaria ebraica, quella russa e l’arte occidentale fiorita nella Parigi degli albori del XX secolo.
Il rigoroso e completo percorso cronologico sarà articolato in molte sezioni e partirà dalle opere degli esordi realizzate in Russia per proseguire con il primo soggiorno francese e il successivo rientro in patria fino al 1921. Sulle tracce dell’autobiografia scritta da Chagall al momento del suo definitivo abbandono della Russia, si aprirà quindi il secondo periodo del suo esilio, prima in Francia e poi, negli anni ’40, in America dove vivrà anche la tragedia della morte dell’amatissima moglie Bella. Con il ritorno in Europa e la scelta definitiva di stabilirsi in Costa Azzurra, l’artista ritroverà il suo linguaggio poetico più disteso, rasserenato dai colori e dall’atmosfera del Midi. Opere quali ‘Il compleanno’, ‘L’ebreo in rosso’, ‘La passeggiata’, ‘Il poeta giacente’, ‘Doppio ritratto’, ‘La mucca con l’ombrello’, ‘Il guanto nero’, ‘La Madonna del Villaggio’, ‘La crocifissione in giallo’, illustreranno come Chagall, pur vivendo lontano dalla patria per gran parte della sua vita sia riuscito a mantenere intatta, attraverso il tempo e terribili vicissitudini, la forma dello stupore, la gioia della meraviglia di fronte alla natura e all’umanità e, insieme ad esse, la fiducia di credere e di provare in tutti i modi a costruire un mondo migliore. Soprattutto in virtù di un originalissimo linguaggio poetico, scaturito appunto dall’assimilazione delle tre culture cui Chagall apparteneva. Dalla tradizione visiva dei manoscritti ebraici trasse i fondamentali elementi espressivi, non prospettici e a volte mistici, della sua opera, mentre la radice russa lo ispirò con le immagini popolari dei luboki e con le icone. All’arte occidentale attinse invece sia grazie alla conoscenza degli antichi maestri come Rembrandt sia alla frequentazione assidua degli artisti delle avanguardie parigine. A ciò si aggiunge il senso della meraviglia di fronte alla natura, di stupore di fronte alle creature viventi che lo colloca più vicino alle fonti medievali che a quelle novecentesche. I fiori e gli animali, che popolano i suoi dipinti, se da una parte gli consentirono di superare l’interdizione ebraica della raffigurazione umana, e dall’altra, in forza della cultura russa medievale, gli permisero di trasformarli nelle metafore di un universo possibile, in cui tutti gli esseri viventi possono infine vivere pacificati.