Non ci sono più i Beethoven di una volta
“C’era una volta in Giappone” questa storia inizia come una favola e finisce come un incubo, in cui l’eroe si scopre essere in realtà il cattivo.
Mamoru Samuragochi nel mondo della musica è conosciuto come il Beethoven dell’ era digitale. Nato nella prefettura di Hiroshima da genitori hibakuska, ovvero irradiati dalla bomba atomica nel ’45, cominciò a suonare il piano all’età di 4 anni. Negli anni del liceo iniziò a soffrire di emicrania, condizione fisica per cui a 35 anni, nel 1998 divenne completamente sordo. Commovente la sua dichiarazione del 2001: “Ascolto me stesso. Se ti affidi al tuo senso innato della musica, crei qualcosa di più vero. È come comunicare e parlare dal cuore. Perdere l’udito è stato un dono di Dio”. Dichiarazione che, inevitabilmente, lo accostò alla figura del grande compositore tedesco Ludwig Van Beethoven.
La sua Sinfonia n°1, meglio conosciuta come “Hiroshima Symphony”, con 180.000 copie, è una delle più vendute nel panorama moderno della musica classica. È divenuta famosa per essere stata suonata alle commemorazione del tragico evento, da cui trae il titolo, del G8 tenutosi in Giappone nel 2008. Firmata da Samuragochi è anche la colonna sonora di uno dei videogiochi più venduti di sempre “Resident Evil”.
A cominciare a gettare ombre e dubbi su questa favola contemporanea è stata proprio una recente dichiarazione del compositore il quale ha ammesso che nel 1996, a causa del peggioramento delle sue condizioni uditive, si è servito di un “ghost-writer” a cui egli affidava le sue immagini, ispirazioni e idee per essere poi tramutate in musica scritta. Immaginatevi le reazioni dei fan e l’imbarazzo della casa di produzione Japan Columbia.
A trasformare definitivamente il “…e vissero felice e contenti” in freddo “the end” stendendo un pietoso velo sulla vicenda, è stata la scelta del pattinatore giapponese Dalsuke Takahashi di esibirsi alle Olimpiadi di Sochi sulle note della “Sonatina per violino” di Samuragochi. Questo evento, sull’onda dell’emotività generata dalla dichiarazioni per così dire scomode, ha fatto si che il “ghost-writer”, tale Takashi Niigaki, dicesse poi tutta la verità al riguardo.
“Ho ricevuto soldi dal sig. Samuragochi per comporre le opere famose in tutto il mondo” ha dichiarato Niigaki, aggiungendo “Non ho mai avuto l’impressione che Samuragochi fosse sordo o che fosse capace di scrivere musica”. Una bomba, grazie a dio non nucleare, si abbatte dunque su questa storia.
Samuragochi, nella una susseguente dichiarazione scritta, ha ammesso che negli ultimi tre anni ci sono stati evidenti miglioramenti del suo udito, come a dire “sono sordo, ma a volte no”.
Che farne di questa storia? Si può tranquillamente toglierla dalla pagine della cultura e metterla fra quelle della cronaca tra le tante frodi e truffe e sentirci un po’ più disincantati.
Oppure vedere romanticamente il bicchiere mezzo pieno e ammettere che è vero che c’è un ghost-writer di mezzo ma che allora c’è anche un ghost-composer, un po’ truffaldino che però le idee le ha avute buone.
Le favole sono un po’ così, ambigue… d’altronde qualcuno ha mai chiesto a Biancaneve se fosse felice di sposare il principe?