Una mostra, è bene scriverlo subito, che ha avuto un enorme successo al “Victoria and Albert Museum” di Londra, con più di quattrocentomila persone e che, a Roma, vive la prima tappa del suo tour internazionale.
Ideata da Storm Thorgerson e sviluppata da Aubrey ‘Po’ Powell di Hipgnosis, che ha lavorato in stretta collaborazione con Nick Mason (consulente della mostra per conto dei Pink Floyd), ‘The Pink Floyd Exhibition: Their Mortal Remains’ è un viaggio audiovisivo nei cinquant’anni di carriera di uno dei più leggendari gruppi rock di sempre e offre una visione inedita ed esclusiva del mondo dei Pink Floyd.
E io mi unisco volentieri al coro di esultanza dei tanti fan, accaniti e non, che in questi giorni celebrano la rentrée di un gruppo che, negli anni, non ha mai finito di stupirci. Tutto inizia a Londra, seconda metà degli anni ’60. Abbey Road Studios. In una sala suonano i Beatles, all’apice della maturità artistica. Nella sala attigua, un giovane quartetto formato da Syd Barrett, Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason (David Gilmour si unirà qualche tempo dopo) muove i primi passi nel mondo della musica. Dubito che avessero la benché minima idea di ciò che li aspettava.
Il resto è storia. Gli inizi sono all’insegna della psichedelìa, con Barrett a farla da padrone. Atmosfere surreali, melodie appositamente distorte, rumori ed effetti elettronici a far da piattaforma a testi poetici e mistici. Quasi un big bang della musica. La colonna sonora del brodo primordiale.
Poi Barrett da’ segni di squilibrio. Lo sostituisce Gilmour. I primi LP del dopo Barrett, quasi in reazione agli ultra-colorati lavori della prima ora, sono venati da un’atmosfera dark. Ma è una fase d’assestamento. In vista di ciò che avverrà negli anni ’70 quando “The dark side of the moon”, “Wish you were here”, “Animals” e “The Wall”, stravolgono, a giudizio di chi scrive, il concetto stesso di musica per come lo conoscevamo fino a quel momento (non ce ne vogliano i fan di Genesis e Led Zeppelin).
Ad inizio degli anni ’80, come nelle “migliori famiglie”, il gruppo si scioglie. Per ricomporsi poco tempo dopo ma senza Waters, che avvia una carriera solista.
Dopodiché, tra album, riunioni parziali e totali (storica quella dei quattro nel 2005 al Live 8) il tempo è volato. Barrett e Wright non ci sono più. Waters da un lato, Gilmour e Mason dall’altro, tengono viva l’attenzione con apparizioni pubbliche e concerti.
Ed è così anche stavolta. Ma, perdonatemi, ho parlato troppo. Buon ascolto. E buona mostra.