Roma, 22 dicembre – Il destino, nient’altro che il destino, ma se la sorte ha stabilito di accendere mille fiammelle sul blu fondo del firmamento, ci vuole davvero fortuna a raccogliere quel guizzo particolare che permetta di rimanere assiso in alto. Specie se quel momento storico è la summa energizzante di genialità e creatività che si tengono strettamente per mano per fare di quel Rinascimento un caso unico nella storia dell’umanità e dell’Italia la patria del concentrato massimo del Bello, quello che si esprime nell’arte iconografica, nell’architettura, nella scienza, fino alle macchine teatrali per allestimenti inediti. Oggi, si avverte la necessità di approfondire quel periodo accendendo un cono di luce su artisti forse un po’ tralasciati.
È quanto accade con una mostra presentata alla Galleria dell’Accademia di Firenze nell’ambito della rassegna “Firenze – Un anno ad arte 2015”, che vuole dar conto della pittura di Maniera, ovvero di quel movimento che porta alle estreme conseguenze il concetto classico dell’arte, con l’idealizzazione della Natura, al quale aderirono pittori come Andrea Del Sarto, Bronzino, Rosso Fiorentino e tanti altri, soprattutto quelli che s’ispiravano alla scuola romana di un Raffaello Sanzio, di Michelangelo Buonarroti e che qui, nella Tribuna del David, è rappresentata da una sua somma realizzazione: la monumentale pala di Carlo Portelli datata 1566, considerata il suo capolavoro, che rappresenta “L’Immacolata Concezione”.
Artista ingiustamente poco noto, Carlo Portelli, esponente di spicco nel panorama della pittura fiorentina dell’epoca vasariana, sarebbe giunto nella città medicea dalla natia Loro, per formarsi nella bottega d’arte di Ridolfo del Ghirlandaio in epoca imprecisata. Ma nel 1538 testimonianze lo vedono iscritto alla Compagnia di San Luca o dei Pittori. L’anno dopo collaborava già col Salviati all’apparato per le nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo, portando a compimento un dipinto d’occasione, l’”Incoronazione di Cosimo I”di cui esiste il disegno preparatorio dello stesso Salviati al Louvre, che sarà esposto nella mostra.
Dieci anni dopo, presa in affitto una bottega, avrebbe dato inizio ad una intensa attività di pittore di soggetti religiosi, di cui danno conto le pale del 1555: “Annunciazione”di Loro, “Disputa sulla Trinità” di Santa Croce e” Adorazione dei Pastori” di San Salvi,
Iscritto nel 1563 alla appena fondata Accademia del Disegno, vi sarebbe rimasto fino alla morte, avvenuta nel 1574. In questi anni, accanto ad una produzione di pale d’altare come il “Compianto” di Loro del 1561, “l’Immacolata Concezione” del 1566, la “Restituzione della Croce” di Olmi del 1569, e il “Cristo che predica con i Santi Giovanni Battista ed Evangelista e i committenti”, di Colle di Buggiano del 1571, avrebbe soddisfatto le richieste di una committenza privata desiderosa di Sacre Famiglie (ora in musei stranieri o passate sul mercato) e Allegorie della Carità (Madrid, Arezzo e Firenze), cimentandosi con successo anche nel genere ritrattistico come testimoniano i dipinti di Chaàlis e il Ritratto allegorico e celebrativo di Giovanni dalle Bande Nere di Minneapolis, debitore del ritratto del condottiero di Giovan Paolo Pace degli Uffizi e di quello della Galleria Palatina, attribuito a Salviati, esposti accanto all’opera di Portelli.
Nel 1565, dopo aver lavorato all’apparato per le nozze di Francesco de’ Medici e di Giovanna d’Austria, con pitture a Borgonissanti e all’arco al Canto della Paglia, avrebbe chiuso la sua carriera, collaborando al decoro dello Studiolo del Principe in Palazzo Vecchio, di cui rimane testimonianza nel suo disegno raffigurante Alessandro Magno e la famiglia di Dario
L’”Immacolata Concezione”, destinata alla chiesa di Ognissanti si caratterizza per l’attenzione alla nudità di Eva, mostrata centralmente e in primo piano in tutta la sua sfacciata e lunare bellezza, finendo per apparire come una sorta di manifesto della “maniera” del pieno Cinquecento, con la sua ricerca di raffinatezza e di eleganza da raccontare con forme piene e corpose, affidate ad un disegno complicato che sovraffollano la tela. La sua pittura ospita una gran quantità di personaggi, come testimoniano non solo la pala dell’”Immacolata Concezione” ma ancor più l’intricato e quasi convulso “Martirio di San Romolo” conservato a Fiesole, con i suoi scorci prospettici allineati alle più attuali ricerche che si andavano facendo sulla tridimensionalità, che racconta anche il percorso artistico e la “scuola” di Portelli, con il referente certo delle pale d’altare di Rosso, anch’esse affollate e grandiose. Del “Martirio di San Romolo” è conservato al Gabinetto Disegni e Stampe delle Gallerie degli Uffizi uno studio preparatorio a matitarossa per la testa della fanciulla di profilo che figura nel dipinto e che èesposto in mostra con ancora quasi cinquanta opere fra dipinti, disegni e documenti, che consentono di intraprendere un percorso di conoscenza di un artista noto solo agli specialisti, che si mostra meritevole di essere apprezzato per la sua originalità, fantasia e capacità. Nel percorso dell’esposizione è possibile conoscere anche opere grafiche di Portelli che si caratterizzano per il segno filiforme e in punta di penna e naturalmente numerosi lavori di artisti coevi.
La mostra è a cura, come il catalogo edito da Giunti Editore – che rappresenta il primo volume monografico sull’artista -, di Lia Brunori e Alessandro Cecchi ed è promossa dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo con il Segretariato regionale del Ministero della Toscana, la Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria dell’Accademia e Firenze Musei.