Ignazio Rasi e “Il Mangiabambini”. Intervista esclusiva di Gabriella Tomasino

Gabriella Tomasino, per farci conoscere bene l’autore del libro “Il Mangiabambini”, da alcuni mesi in edicola, in esclusiva per “www.attualita.it”, gli ha posto ben 19 domande alle quali, molto cortesemente, Ignazio Rasi le ha risposto.

Chi è Ignazio Rasi? “Sono un bel po’ di cose. Quarantasettenne, palermitano per necessità, un destino da apolide, un sanguemisto di stirpe romana, vesuviana, peloritana, ebrea. Un costante desiderio di fare il giornalista mi accompagna durante tutta l’adolescenza, obiettivo raggiunto alla fine degli anni novanta. Scrivo moltissimo, soprattutto di sport. Ma è un’attività che non mi consente di saziare la mia brama di indipendenza e autonomia. E il mio desiderio di diventare padre. Trovo un bel lavoretto da impiegato nel 2002. Ma continuo a scrivere. Qualche anno dopo Dario Flaccovio Editore pubblico il mio primo romanzo, “Io e Yvonne”. Pochi mesi fa Watson edizioni pubblica “Il Mangiabambini”. Ed eccomi qui.”

Domanda scontata: com’è nata in lei l’esigenza della scrittura? Non credo sia stata mai una esigenza e nemmeno un’urgenza. Scrivere mi diverte. Scrivere mi procura piacere. Cerco di spiegarmi meglio. Scrivo dieci pagine. Le asciugo. Le smusso. Tolgo quello che è in più. Aggiungo qualcosa che manca. Poi lo rileggo e penso: mizzica, perfetto… Ecco, scrivo per provare quella sensazione lì”.

Perché ha poi scelto il genere noir. “Devo essere sincero, non credo molto alle classificazioni né ai generi. Credo nelle storie da raccontare. Nelle storie che funzionano. Nelle storie in cui i personaggi hanno desideri e/o paure. Nelle storie che rivelano gli eventi che ostacolano quei desideri o assecondano quelle paure. Credo nelle storie che provocano in chi legge non l’esclamazione “Bello!” ma la domanda “Come va a finire?”

Come immagina una storia da raccontare e con quali criteri. E quali sono le fonti a cui fa riferimento nella stesura della trama. “In quello che scrivo c’è poco di me. Poi è chiaro che qualcosa di ciò che sono entra nella storia, ma questo avviene ad un livello di coscienza che non controllo. Non mi è mai successo di avere una storia chiara in mente, dall’inizio alla fine. Le storie che scrivo evolvono pagina dopo pagina. E le fonti, la tecnica di narrazione stessa, a cui attingo sono i libri che ho letto da quand’ero ragazzino ad oggi. Poi, è chiaro che se uno dei tuoi personaggi è un criminologo o un poliziotto, documentarsi con scrupolo e a fondo è un obbligo di onestà nei confronti dei lettori.”

Ci parli dei suoi scritti. “Qualsiasi cosa mi venga in mente di scrivere racconta di redenzione, di trasformazione, di riscatto. Non è una scelta consapevole. E’ una cosa che entra nelle mie storie con una naturalezza disarmante. E sono certo di una cosa: anche se io mi sforzassi di non farlo, il tema della redenzione irromperebbe lo stesso nelle mie storie, forse ancora con più forza”.

Se dovesse descriversi come personaggio di uno dei suoi romanzi chi sarebbe

 è perché.I personaggi delle mie storie sono tutto ciò che io vorrei essere e non essere. E sono tutto ciò che io non sono“.

Quali sono gli autori che preferisce. Ho un amore smisurato per tutto ciò che scrive James Ellroy. Non mi ha mai deluso”.

In questo suo ultimo libro “Il mangiabambini”, si parla della parte oscura dell’essere umano, qual’é il suo rapporto con essa. “So che esiste. Esiste in me. Esiste anche in te che stai leggendo. E’ una forza primordiale diretta derivazione genetica di milioni di anni vissuti in una caverna, al freddo e al buio, con il terrore di essere divorati, comunicando a mugugni e ginocchiate. E’ istinto purissimo, di conservazione e sopravvivenza. Ma ha una sua forza, un vigore, un’energia immensa. Compito degli essere umani è indirizzarla e usarla positivamente”.

Chi è per lei l’uomo nero o il lupo cattivo. “Tutto ciò che ci allontana dai nostri desideri. O che ci avvicina alle nostre paure. Un qualcosa che non è necessariamente esterno. Molto spesso, anzi quasi sempre, risiede in noi“.

Cosa le fa paura e come l’affronta. La paura di non conoscermi abbastanza, di non sapere con precisione in che modo reagirò alle sfide che la vita mi riserverà da oggi in poi. Non l’affronto. Semplicemente osservo le mie reazioni e imparo a conoscermi“.

É superstizioso? Ha qualche oggetto o rito particolare quando si mette a scrivere? “Non posso non ammettere che qualche gesto scaramantico trova posto nelle mie giornate”.

Elenchi le cose che spaventano di più della vita e quelle per cui vale la pena di vivere. Credo che la paura più grande che ciascuno di noi ha è vivere una vita che non ci appartiene. E non avere il coraggio di cambiarla. E, viceversa, un motivo per cui vale la pena vivere è lottare per diventare ciò che si è veramente ed essere se stessi pienamente.”

Fino a che punto si può giocare con se stessi. “L’unico limite è il rispetto per gli altri“.

Quanto è importante riuscire a stare soli con se stessi. E per ritrovarsi lei dove fugge? Cosa diceva Sartre in proposito? Se ti senti solo quando sei da solo, sei in cattiva compagnia. Credo molto in questa affermazione e amo la solitudine intesa in questo senso, come luogo dove ritrovarsi, fare i conti con se stessi e ricominciare“.

Tre parole positive e tre negative per descriversi. “Indolente, testardo, visionario. Nelle loro accezioni positive e negative”.

L’Amicizia per lei. L’amicizia è amore, né più né meno“.

Lei ha un figlio: che tipo di padre è? “Prima ho citato Sartre, adesso mi autocito: L’unica forma di partecipazione politica seria ed attiva in cui credo è educare mio figlio”.

Nella comunicazione oggi, si interagisce con sms, WathsApp: cosa succede? Credo che nella comunicazione la fisicità non sia necessaria. Quindi, non mi fa paura, a meno che non si usi questa schermatura per essere qualcosa di diverso da ciò che si è realmente. O che sia l’unica forma di interazione con l’altro”.

Cosa vorrebbe dire ai giovani. “Godetevela senza fretta”.

Grazie, Ignazio Rasi e… attendiamo di leggere altre sue opere!

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