Ricordando Gabriele D’Annunzio, il poeta della vita

Gabriele D'AnnunzioLa celebrazione di Londra dei 150 anni dalla nascita del poeta abruzzese, riporta al centro dell’attenzione la storia e la poetica del Vate.

Pescara – Non sono mai stato un grandissimo amante delle frasi preconfezionate, visto che ho sempre pensato che le emozioni più profonde difficilmente possano essere descritte con parole o gesti. Certe volte i sentimenti sono talmente grandi che riescono a malapena ad essere trasmessi, e credo che un sincero “Vedi tutto quello che ti sto dando? Vedi come ci stiamo abbracciando? Non basta per farti capire tutto quello che provo per te!” valga più di un milione di biglietti ricchi di parole smielate ed elaborate a tavolino. A ben pensarci, però, c’è un biglietto di auguri che una volta ho trascritto dal web e che mi ha colpito in maniera particolare. Era un biglietto lungo, una qualche decina di frasi su varie cose belle da augurare alla mia ragazza, che terminava con una parte che mi resterà in testa per il resto della vita. “Ti auguro di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di dare. Ti auguro di correre il rischio di amare”.

La vita è di chi corre il rischio di viversela, insomma, ed è proprio per questo che stamattina, leggendo su Google News la celebrazione (addirittura in quel di Londra!) dei 150 anni dalla nascita di Gabriele D’Annunzio, con una messa in musica di alcuni suoi versi, non ho potuto evitare il collegamento tra questa filosofia e lo stesso D’Annunzio; D’Annunzio che, da autentico pescarese doc, di quel genere di vita sfrontato e passionale è stato forse l’esempio italiano più fiammeggiante, un Dorian Gray nostrano e reale che non ha avuto bisogno dell’aiuto di ritratti maledetti o di bellezze particolari. “La vita è un attimo, quindi fai in modo che essa arda con la fiamma più viva!” suggeriva Lord Wotton ad un giovane Dorian, che però mal recepiva il vero significato della frase, arrivando a vendersi l’anima al diavolo in cambio dell’eterna giovinezza ;lo stesso non sembra che si possa dire del buon Gabriele, autore di un’ incredibile esistenza tra rime, donne, liquori ed imprese, sempre sulla cresta dell’onda e vissuta con una tanto incredibile quanto onesta pienezza di sentimenti.

“Ho quel che ho donato, perché io ho sempre amato!” esclamava D’Annunzio, rimodellando inconsciamente i versi di Oscar Wilde, in quella che è a mio avviso la più grande testimonianza di vita che ci possa essere lasciata, così grande da superare i credi personali, le esperienze individuali ed addirittura quel tipo di cultura, oggi tanto in voga, che vede le persone più calcolatrici avere sempre la meglio su quelle più istintive ed irrazionali. Non a caso le opere di D’Annunzio parlano d’amore e di passione, condite da colorati riferimenti al mondo naturale e ricche di uno spirito così vitalistico che pare quasi impossibile imputarle ad un agnostico convinto, quale il Vate era; porta la bandiera, tra i suoi libri, “il Piacere”, racconto delle avventure sentimentali di un certo Andrea Sperelli, con un titolo che parla da solo se si fa riferimento alla chiusura mentale degli anni in cui è stato pubblicato. Allo stesso modo, il fondersi di due amanti con una pineta sotto un acquazzone   (ufficialmente la pineta in questione si trova in Toscana, ma a Pescara sono pronti a giurare che si tratti della pineta tra Pescara e Francavilla) è probabilmente la più forte immagine di commistione tra l’umano ed il naturale che la poesia italiana ci abbia mai regalato, proprio attraverso le rime del Vate.

D’Annunzio traeva ispirazione per i suoi libri e per le sue poesie dalle sue stesse avventure, da storie e passioni che bruciavano con l’intensità con cui arde un foglio di carta cosparso di benzina, lasciando in pochissimo tempo al loro posto solo ceneri; è una posizione di rilievo ma discutibile, come sicuramente discutibili sono le sue numerose imprese di vita.

Parliamo in fin dei conti di un tipo che ha spalleggiato il fascismo, di un amante del superfluo e di un poeta guerrafondaio, che ha fabbricato decine di sponsor per la propaganda di Mussolini; eppure, un personaggio come D’Annunzio mantiene e manterrà sempre una patina di rispetto anche da parte dei suoi più accesi contestatori: il Vate ha passato una vita a prendere posizioni, a rendere pubblico il parto della sua mente vivida, sopportando con dignità i pareri e le critiche dei suoi avventori. Così, nemmeno il più acceso di loro potrebbe mai accusarlo di non aver avuto il coraggio di cui tanto verseggiava: quello, per ricollegarmi al mio famoso biglietto, di correre il rischio di tentare, di dare, di amare.

Per questo, oltre che per le sue opere inestimabili, centocinquant’anni dopo la sua morte, D’Annunzio è ricordato in giro per l’Europa con manifestazioni come quella di stamane.

Pensando a tutto questo stasera, durante la solita corsetta delle diciannove sotto questa pioggia leggera, passare per quella stessa pineta davanti casa mia, avrà decisamente un altro sapore.

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