Il 26 novembre scorso abbiamo recensito un altro bel libro di questo promettente autore che ha avuto gran successo di pubblico e critica con un articolo dal titolo: ““LA NOBILDONNA”, un romanzo scritto dall’esperienza investigativa dell’Autore. Non mi soffermo a lumeggiare la figura di Giuseppe Marletta, brillante Capitano dei Carabinieri, in quanto questo aspetto l’ho già curato scrivendo per l’altro romanzo, per cui entro subito nel cuore e nell’anima delle belle pagine di questo nuovo lavoro con cui l’Autore ha voluto dare continuità al suo amore per l’Arma, quella che opera nei piccoli centri dove svolge un’insostituibile funzione sociale.
Quindi, una storia che si snoda attraverso l’esistenza e l’impegno di sei Carabinieri di una Stazione di un immaginario piccolo paese della Sicilia dove Attilio Franz Guarino, giovanissimo Carabiniere ausiliario, originario del Parmense, vi giunge spaesato e impaurito; un ambito in cui si troverà, suo malgrado, a operare in una intricata vicenda. Gli eventi con i quali questo ragazzo di nome Attilio quotidianamente si dovrà confrontare, ma che riguardano i Carabinieri di Stazione di ogni luogo e tempo, sono molteplici e delicati in quanto vanno dalla gestione della normalità della vita civile, nel proprio contesto di lavoro, alla partecipazione ai servizi esterni di pattuglia, o al servizio in Caserma per prendere denunce e fornire consigli alla gente; sarà anche soggetto ai doveri di un Soldato nella piccola comunità militare di appartenenza, doveri costituiti dalla gerarchia, dalla disciplina, dall’iter organizzativo e dal rispetto delle norme e delle regole. Dovrà poi, all’occorrenza, lui Carabiniere di Stazione, essere in grado di confrontarsi con la violenza di strada, addirittura con gli omicidi e la partecipazione alle indagini.
Egli quindi, in virtù di tutto questo, dovrà tenersi pronto ad intervenire in ogni momento, pur percependo attorno a sé un continuo senso di pericolo proveniente da un nemico invisibile e sconosciuto, offrendo comunque garanzie alla richiesta di sacrificio da parte della società sempre più esigente, ma avvertendo però nel suo animo che la minaccia, il danno o addirittura la morte sono realtà possibili per Lui; e Lui, Carabiniere di Stazione, questo lo sa bene.
Tornando al romanzo, diciamo che Marletta ha molto bene onorato le linee guida che devono informare l’attività di un bravo scrittore, e cioè seguire le regole di disciplina e rigore; infatti, lo scrivere richiede lavoro costante e un grande impegno mentale che diventa anche fisico quando si affronta un testo di circa 450 pagine, e questo per assicurare il mantenimento del ritmo, dello stile e del linguaggio. La vicenda, oltremodo drammatica, spazia dalla provincia catanese fino in Svizzera per poi tornarvi, abbracciando realtà lontane tra loro che poi si intrecciano, e questo con l’aggiunta di tematiche sociali molto delicate tra cui l’arretratezza e la durezza della condizione isolana dell’epoca, l’abbandono dell’agricoltura e l’emigrazione, la devastazione dell’ambiente attuata in nome dell’industrializzazione selvaggia ed infine la violenza sulle donne; una interessante girandola di situazioni, quindi, in cui scorgiamo vari temi e dove prevalgono i sentimenti forti, quali l’amore passionale, il fortissimo legame tra genitori e figli, la grande dignità nella disperazione intimamente vissuta e sofferta.
Viene poi dato grande spazio all’approfondimento psicologico, allo studio delle emozioni, degli stati d’animo e dei travagli interiori; il tutto con un finale sorprendente, in un libro da leggere dalla prima pagina all’ultima tutto d’un fiato.