Roma, 1 febbraio – “Uomini senza donne”, uno spettacolo teatrale ormai storicizzato dal tempo, essendo nato nel 1988. Fin da subito piacque ed interessò quell’indagine sociologica che puntava l’obiettivo sui trentenni, piacque il linguaggio svelto e colloquiale, piacque la rappresentazione della vita di persone non ancora risolte sia dal punto di vista affettivo che lavorativo, la loro incapacità di costruire un sistema di valori stabile e di adattarsi ai suggerimenti o alle necessità che questo poteva suggerire. Premiato dai critici e dal pubblico, il testo con la regia dello stesso autore, Angelo Longoni, dopo stagioni di successo a teatro, cercò vita anche sugli schermi nel 1996, con la regia dello stesso Longoni, e qui i due protagonisti furono indossati a pelle da Alessandro Gassman e Gianmarco Tognazzi, amici nella vita, che in quel periodo amavano fare percorsi professionali insieme, agli inizi della loro brillante carriera. Il successo si estese all’Europa , e tradotta in francese e in tedesco, la pièce fu messa in scena al Théatre de la Coline, e in Germania al Theater Sirene di Saarbrucken. Ora riprende la via del palcoscenico riveduta, corretta e aggiornata nel linguaggio per adeguarla alle necessità espressive contemporanee, ma sostanzialmente conservando identica valenza perché poco davvero è cambiato in realtà nella società e nella natura umana e quei problemi che si agitavano nel morente novecento, sono gli stessi che opprimono la società del ventunesimo secolo.
Perché Angelo Longoni non è nuovo all’indagine sui fenomeni sociali di oggi, l’occhio di bue del suo interesse è puntato soprattutto sui giovani, quelli che hanno lasciato l’adolescenza ma non sono ancora entrati a pieno titolo nell’età adulta che, si sa, comporta particolari responsabilità. E crescere è difficile e doloroso, una fatica che i due trentenni quasi amici nella sua commedia devono affrontare. Intanto, vivono assieme per condividere l’onere di un appartamento, ma fin da subito appaiono su due sfere diametralmente opposte, ognuno con i propri rovelli, ognuno con le piccole manie che cominciano ad adagiarsi come concrezioni sulle loro vite, ognuno con le vie di fuga mentali più congeniali. Ad unirli è forse l’età e i problemi ad essa connessi. Uno, introverso, nevrotico, compulsivo, si sostenta con quantità impressionanti di birra e si scatena con una batteria, la sua copertina di Linus, spezzando le serenità del palazzo con un frastuono infernale, e intanto rimugina, configura situazioni di vita, incontri felici con donne, senza mettere mai veramente alla prova la sua capacità di sottrarsi al viluppo di un carattere debole, accontentandosi di verbalizzare i suoi bisogni, di una compagna come di un lavoro stabile, quasi che rappresentandoli con parole i desideri trovassero la via della realtà e diventassero fatti.
L’altro scrive, mal pagato quando pagato, avrebbe bisogno di concentrazione e silenzio, ma sarebbe vano cercarli nell’appartamento minimal dove vive. Ma lui, estroverso, bello, aitante, salutista, fortunato con le donne, sicuro di sé, e un po’ cinico, lui che scarica le frustrazioni su un punch ball, uno degli oggetti che utilizza con costanza nell’appartamento a due, forte di una natura ottimistica e di una buona dose di autostima va avanti come un bulldozer e considera ogni evento come lievito al suo progetto di vita.
Nel finale i due caratteri si precisano del tutto. A rivestire di umanità i due personaggi, brillanti e con tratti anche comici, due attori di talento che hanno avuto percorsi professionale di successo, Ludovico Fremont, noto al grande pubblico televisivo per aver dato vita al Walter Masetti nella fortunata serie de “I Cesaroni” e Valerio Morigi , fra gli interpreti della serie “L’onore e il rispetto”. La commedia, amara e divertente ad un tempo, ha da subito nella nuova edizione, regia dello stesso Longoni, un altissimo indice di gradimento.