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I social potrebbero pagare l’IVA sugli account in Italia

I social LinkedIn, Meta e X potrebbero essere costretti a pagare l’IVA, perché per il fisco italiano la creazione di un account è un forma di controprestazione

Il fisco italiano bussa alla porta dei social LinkedIn, Meta e X, che potrebbero essere costretti a pagare l’IVA sugli account, in quanto secondo l’erario la creazione di un account è un forma di controprestazione: operazioni imponibili poiché comportano uno scambio economico. L’utente riceve infatti l’accesso a un servizio in cambio dei propri dati personali, come riferisce Reuters. La palla passa all’Unione Europea, che deciderà se il principio dell’Italia sia valido.

IVA sugli account social: quanti soldi in ballo

Stando al fisco italiano, i dati degli utenti sono la “materia prima” su cui si fonda il modello di business delle piattaforme, bene intangibile ma con valore economico, come l’erario stesso aveva già fatto notare a fine febbraio 2025. Se passasse questa linea, l’Agenzia delle Entrate vorrebbe indietro 887,6 milioni di euro da Meta, 12,5 milioni da X e 140 milioni da LinkedIn in riferimento al periodo 2015-2016 e 2021-2022. L’erario avrebbe emesso un avviso di accertamento formale senza accordi transattivi. Le società coinvolte dispongano di 60 giorni per ricorrere, prorogabili di 30 giorni qualora chiedano un accordo in transazione, sorta di stretta di mano in via stragiudiziale, senza arrivare davanti ai giudici. 

IVA social: rischi per i privati?

In altre parole l’Agenzia delle Entrate valuterebbe lo scambio alla stregua di una transazione commerciale. Se passasse il principio sostenuto dal fisco, a nostro giudizio un giorno lo Stato potrebbe chiedere di pagare l’IVA anche all’iscritto: o è un baratto non suscettibile di valutazione economica, oppure lo è per entrambe le parti. 

In effetti, la questione dei profitti incassati da multinazionali estere grazie ad attività svolte in Italia è pesante. La profilazione trasforma queste aziende in colossi che hanno un immenso tesoro di dati delle persone, e tecnicamente andrebbero tassate anche le semplici interazioni degli utenti perché generano di fatto un bene che viene poi rivenduto.

Il sogno di molti giovani nel mondo fare soldi coi social che intanto in Italia potrebbero pagare lIVA

Pericolo di bocciatura UE sull’Iva social

L’UE potrebbe bocciare questa visione, perché la privacy è diritto fondamentale ed è inalienabile anche dal diretto interessato: non può essere considerata una valuta di scambio.

Viceversa, con l’ok di Bruxelles, siccome l’Imposta sul valore aggiunto è armonizzata a livello europeo, altri Paesi UE potrebbero copiare l’Italia. E, guardando più in là ed estendendo il concetto, anche l’accettazione dei cookie di profilazione da parte degli utenti social comporterebbe il pagamento IVA da parte delle piattaforme.

Matteo Ferrari

Giornalista di cronaca e attualità con anni di esperienza sul campo, Matteo Ferrari si distingue per la capacità di raccontare la cronaca, attualità e fatti con passione ed una particolare narrazione personale. La sua penna affilata e la sua passione per la verità lo rendono un punto di riferimento per chi cerca un'informazione affidabile, approfondita e nel contempo sintetica.
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