Roma, 16 novembre 2019 – Lo sport non si impara, né si insegna al tavolino e sui banchi di scuola o quelli di università. Si impara sul campo, praticandolo. Più lo pratichi ad alto livello e più sei in grado di insegnarlo.
In questo senso il campione è senz’altro il personaggio più consigliabile per il ruolo di Commissario Tecnico, allenatore o manager calcistico.
Si può tranquillamente affermare che non si diventa campione se non si è accompagnati da vivace intelligenza. Di converso sarò quello di un campione il profilo di un CT, allenatore, manager che abbia la vocazione e la passione di trasmettere ad altri il proprio sapere e la propria esperienza.
I Campioni sono merce assai rara, per definizione.
La vocazione a trasferire anche, mentre la domanda di ammaestramento e gestione del calcio, è altissima. C’è spazio e necessità sia di tanti addetti ai lavori che per un ampia scrematura degli stessi.
Ma non tutti i campioni che appendono le scarpe al chiodo – magari con un bel gruzzolo da amministrare – hanno voglia e passione per studiare a Coverciano; fare esami; fare gavetta; gestire altri calciatori; districarsi nel difficile mondo che circonda il calcio.
Però, alla fine, si scopre che i migliori allenatori di Serie A in Italia, sono proprio dei campioni veri con tanto di maglie azzurre ed iridate nei loro curricula. Parliamo, per fare alcuni nomi: Antonio Conte (Inter) , Carlo Ancelotti (Napoli), Filippo Inzaghi (Lazio), Fabio Grosso (Brescia), Vincenzo Montella (Fiorentina).
Anche i numerosi tecnici alla guida di molte squadre italiane, sono stati nazionali dei loro paesi: Ivan Juric (Verona) e Igor Tudor (ex Udinese) per la Croazia; Sinisa Mihajlovic (Bologna) per Jugoslavia/Serbia).
Insomma, i campioni che diventano allenatori, hanno sicuramente una marcia in più.
Questo assunto lo sta dimostrando proprio Roberto Mancini che il felice fiuto del nuovo Presidente della Federazione Gabriele Gravina – seguendo le indicazioni dell’azzurro Alessandro Costacurta Vice Commisario FIGC – ha investito della difficile missione di risollevare le sorti del calcio italiano caduto così in basso da non riuscire a qualificarsi agli ultimi Mondiali in Russia.
Una sfida ardita che Mancini ha accettato al volo. Licenziandosi dallo Zenit di San Pietroburgo nonostante un contratto biennale da 12 milioni di Euro. Accettando quello offerto dalla Federcalcio di 4 milioni per lo stesso biennio 2018-2020.
La Federcalcio non poteva permettersi di più con denari “pubblici”. Non poteva mettersi in concorrenza con un ricco club russo
Mancini lo ha capito ed ha deciso di mettersi al servizio della sua patria azzurra. Una scelta nobile che onora tutti.
Si è subito gettato nell’impresa partendo da un paio di certezze. La prima è che fra i milioni di italiani che praticano il calcio, sicuramente esistono dei talenti! Altrimenti non si spiega come mai l’Italia abbia conquistato 4 titoli mondiali. Bisogna solo cercarli questi ragazzi!
In secondo luogo l’Italia del calcio deve assolutamente aggiornare il proprio modo di giocare su modelli spagnoli ed olandesi. Basta lavorare con competenza e determinazione, girando e visionando per tutta l’Italia e fuori.
Giugno 2018, obiettivo: Campionati Europei 2020: fase di qualificazione: marzo 2019. Solo 8 mesi per sistemare la questione!
Si può fare. Quando la competenza si unisce alla passione ma anche alla capacità di programmare.
Prima di tutto bisognava creare il gruppo partendo da una base che consentisse di crescere, lavorando. Affrontando gli impegni agonistici in calendario senza incorrere in debacle .
Per garantire un minimo di risultati non mortificanti immettendo troppi giovani talenti, il neo CT optò per un gruppo ringiovanito dove i nuovi venissero protetti in campo dalla vecchia guardia. Per esempio optando per la esperta difesa juventina capitanata da Bonucci.
Nel frattempo, largo a coloro che nelle squadre di club già praticavano il “gioco moderno” ed il pressing. Mettendo, poi, tutto in pratica nei raduni a Coverciano ed in occasione delle amichevoli.
Così , mentre Bonucci rimaneva sempre più l’ultimo degli anziani, si affermavano le posizioni strategiche di Jorginho e Verratti in azzurro e quelle assodate di Pellegrini e Chiesa.
Per gli elementi considerati meritori, c’era per tutti occasione per comprovare la propria aspirazione azzurra con una prima in convocazione, poi agonisticamente. E per studiare pressing anche a casa!
Il tutto senza perdere una battuta sul campo degli incontri ufficiali “europei”, iniziatisi con la vittoria 2-0 sulla Finlandia nel marzo di quest’anno. E conclusasi ieri con la decima vittoria consecutiva sulla Bosnia per 3-0. Un record che migliora quello raggiunto nel 1938 dall’Italia del giornalista Vittorio Pozzo che fu di 9 successi . Altri tempi, altri allenatori, altri giornalisti, altri campioni…
Come dire che mai nessuno, statisticamente, ha fatto meglio di lui! Troppo presto. Bisogna aspettare la Coppa del Mondo!
Occasione per tutti: per i più giovani come Sensi, e Barella. Per i giovanissimi, come Zaniolo e Kean. Per I veterani in gamba ma sempre ignorati come D’Ambrosio e soprattutto Acerbi ora un punto fermo tecnicamente e come leader della buona difesa, perfino in gol contro la Bosnia.
Nelle sue opzioni per la creazione di un folto gruppo di sicurezze (come Insigne, Belotti ed Immobile) per l’oggi e per il futuro, si è avvalso della capacità di individuare al volo la qualità vera del talento calcistico e di come ottenere da questi il massimo. Una dote che ha affinato nel corso della propria esperienza sul campo e senza la quale non sarebbe diventato campione.
Mancini (ed i grandi campioni come lui), riconosce da un semplice gesto (come appoggia un piede), il talento. Gli altri devono faticare di più e non sempre ci riescono.
Per strapazzare 3-0 la Bosnia – che non è l’ultima della classe con i suoi diversi campioni “italiani” (Dzeko e Pianic, Krunic, ad esempio) – Mancini ha tirato fuori dal suo magico cilindro altro materiale inedito come il centrocampista difensivo, il giovanissimo Tonali ed il centrocampista offensivo Castrovili, ma non si è dimenticato di tenere caldi Bernardeschi e i vari Emerson. Nel frattempo, Donnarumma ha mostrato come mai, di essere più una saracinesca che un semplice numero 1.
Per il resto, il segreto del record storico di 10 vittorie consecutive – che hanno lanciato l’Italia ai prossimi Europei come testa di serie – è: lavoro; tanto lavoro che gli azzurri stanno svolgendo con enorme impegno, trascinati da un leader veramente carismatico, giusto e lungimirante. Per giunta con modi gentili.
Mentre il Bel Paese rimane sotto acqua a Venezia e Taranto, l’Italia dello sport offre una ulteriore dimostrazione di come si possa uscire da qualsiasi crisi confidando nei campioni, se ci sono, e cercarli se non ci sono.