Questo concetto non è campato in aria, né echeggia nelle conversazioni tra marziani o altre creature extraterrestri, ma deriva dalla constatazione palmare di possibili inciuci preceduti ed accompagnati da vibranti fibrillazioni che scuotono tuttora i partiti, o quanto rimane della vecchia e nuova classe dirigente dopo l’ineluttabile e l’inesorabile delegittimazione, decretata dai risultati delle ultime elezioni politiche ed amministrative. Il severo responso delle urne non ha proprio risparmiato nessuno: ha devastato il centro-destra, scompaginato il centro-sinistra e cancellato il centro. L’unico incontrastato trionfatore è stato l’astensionismo che ha superato il 50 %, dal quale, però, tutti hanno preso le distanze, palleggiandosi continuamente la responsabilità di questo fenomeno, invero desueto nella storia della politica italiana e che ha finito, ineluttabilmente, per accentuare la profonda voragine già esistente tra i cittadini e le istituzioni. E’ fin troppo evidente che il governo delle “larghe intese” non riscuote ampi consensi tra l’opinione pubblica in generale; non piace alla destra, né, tanto meno, alla sinistra, per tutta una serie di motivazioni storiche ideologiche e politiche, a prescindere, ovviamente dalle dichiarazioni ufficiali dei diversi leader destinate ai media e, quindi, al popolo beota, (secondo loro, beninteso). Tuttavia si riteneva che gli stati maggiori dei due più consistenti schieramenti prendessero atto dello stato di necessità e continuassero a sostenere, sia pure “obtorto collo”, l’attuale governo per un periodo ragionevolmente più lungo possibile. Ma, evidentemente, non sono stati fatti bene i conti con la natura dell’uomo, prima ancora che col fedele e leale servitore dello Stato. Ed ecco allora che non sorprende più di tanto quell’essere umano, che, ritenendosi vittima di una sconfitta “ingiusta e dissacrante”, non porge affatto l’altra guancia, come consiglia il Vangelo secondo Luca, ma cerca in tutti i modi la vendetta. Allo stato attuale delle cose, i pericoli maggiori per la stabilità dell’esecutivo, sembra provengano dal centro-sinistra, i cui esponenti più rappresentativi (ad esempio Bersani ed Epifani), lo affermano pubblicamente che non bisogna abbandonare il vecchio progetto di ricompattare le forze della sinistra per governare il Paese, perché nell’attuale panorama politico, si intravedono concrete alternative di cambiamento. Paradossalmente, tutti si affrettano a precisare che non saranno mai loro i primi a staccare la spina all’attuale esecutivo, ma sono veramente in pochi a crederci. Una delle ragioni principali di questo nuovo scenario politico, andrebbe ricercata nel tormentoso travaglio del Movimento Cinque Stelle, che rischia una clamorosa scissione e la costituzione di un secondo gruppo parlamentare sul quale, evidentemente, conterebbero i sostenitori del “ribaltone”.