Omicidio del Magistrato Caccia, arrestato dopo 32 anni un presunto assassino
Roma, 22 dicembre – Rocco Schirripa, originario calabrese di 64 anni, panettiere, uno dei presunti assassini di Bruno Caccia, il Procuratore Capo della Repubblica di Torino ucciso nel 1983, è stato arrestato l’altro ieri dalla Polizia. Caccia fu ucciso la sera del 26 giugno 1983, 32 anni fa, con 14 colpi di pistola mentre portava a spasso il suo cane sotto casa, sulla collina torinese.
Per l’omicidio, dieci anni dopo, fu arrestato il mandante del delitto, Domenico Belfiore, esponente della ‘ndrangheta in Piemonte, poi condannato all’ergastolo e dallo scorso 15 giugno ai domiciliari per motivi di salute. Caccia lavorava da tempo su numerosi fatti di ‘ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona.
Domenico Belfiore, già condannato all’ergastolo per il delitto, e il suo gregario, Rocco Schirripa, secondo quanto è emerso dalle ultime indagini, avrebbero atteso il Magistrato a bordo di un’auto, appostati vicino alla sua casa. Belfiore avrebbe sparato a Caccia dalla vettura mentre Schirripa sarebbe sceso per finirlo con un colpo di pistola alla testa.
“L’arresto di oggi è un tassello importante per gli sviluppi futuri dell’inchiesta. Ci auguriamo che possa far luce su tutti i risvolti rimasti oscuri di questa vicenda, a partire dagli altri mandanti”, spiega Cristina Caccia, figlia del Procuratore, commentando l’arresto del presunto assassino del padre. “Siamo soddisfatti del lavoro svolto dagli investigatori, ma chiaramente in circostanze del genere non si può essere contenti. È strano che questa persona sia rimasta indisturbata a Torino, per oltre trent’anni”, sottolinea molto giustamente…..
Dell’ omicidio Caccia abbiamo trattato recensendo il bel libro di Giulio Cavalli, nell’articolo dell’ 8 Ottobre 2015 dal titolo: “Nomi, cognomi e infami”, pubblicato nuovamente da “Il Sole 24 Ore” nei mesi scorsi ( il diario di un anno di storie raccontate da un attore di teatro che vive sotto scorta da due anni; scrittore e autore teatrale, noto anche per il suo impegno con spettacoli e monologhi teatrali di denuncia della criminalità organizzata). Cavalli, oltre al racconto di martiri della lotta antimafia ( dall’attentato di via D’Amelio all’uccisione del giornalista antimafia Pippo Fava, all’omicidio di don Peppe Diana, incrociando il coraggio di Peppino Impastato e i ragazzi di “Addiopizzo”, fino a raccontare della mafia al Nord. Un libro dedicato anche alle 670 persone che nel nostro Paese sono sotto tutela. Cavalli scrive anche del Magistrato Bruno Caccia, un esempio per tutti i Giudici della Repubblica per rigore morale e serietà, per alto senso dello Stato, per sublime dedizione al lavoro.
Inutile dire, aggiungiamo, che di Magistrati di questa tempra c’è oggi enorme bisogno in Italia perché si ponga fine allo scempio della Legge e alle frequenti “interpretazioni evolutive ” della Legge penale tanto cara a moltissimi “morbidi” Magistrati.
Negli anni ottanta, sfogliando i giornali e riascoltando le voci di quel tempo, la mafia era un’ipotesi investigativa sovversiva che raccoglieva poco credito nella mentalità dei più (ma questo avviene ancora oggi da parte di taluni politici che negano l’evidenza!).
Eppure, nel 1983, in Piemonte, un Magistrato dallo sguardo severo e con il vizio antico della serietà la indagava e la combatteva con le armi della Giustizia.
Proprio la vita di un Eroe della Giustizia con la “G” maiuscola!