Roma, 19 febbraio – Beppe Fiorello: “Interpretando Mancini ho capito i veri eroi d’Italia”, e questo prima della proiezione della Fiction di Rai1 dei giorni scorsi in due puntate: “Io non mi arrendo” sul Commissario di Polizia che portò alla luce la terra dei fuochi e poi morì di tumore. “”Quando mi hanno raccontato la storia di Roberto Mancini, il Poliziotto morto due anni fa dopo una lunga malattia, ho capito una volta di più che gli eroi di questo Paese sono uomini normali, ma disposti a battersi fino all’estremo in nome della società civile. Con la sua meravigliosa ostinazione, Mancini portò alla luce la tragedia della “terra dei fuochi”.
Indagando su una piccola banca del centro Italia, scoprì un’abnorme attività legata alla compravendita di terreni in Campania, lì dove venivano sversate impressionanti quantità di rifiuti tossici. E non si trattava di nascondere caramelle sotto un divano: interi Tir carichi di materiale estremamente nocivo viaggiavano per le nostre autostrade fino a destinazione, e in molti casi venivano direttamente seppelliti, senza che neppure fossero scaricati, in queste gigantesche fosse. Com’è stato possibile, mi chiedo, che nessuno si fosse accorto di questi traffici? Cosa raccontavano agli abitanti di quei paesi dove oggi non c’è famiglia senza un morto da piangere o un malato di tumore in casa? Ma vado oltre: questa vicenda dimostra che non c’è limite alla follia autodistruttiva dell’uomo, perché molti dei politici coinvolti e dei camorristi che gestivano la speculazione sono finiti anche loro al cimitero. Mancini capì per primo quanto fosse vasta la rete di connivenze attorno a questa devastante realtà, e lavorò con passione e coscienza per portare avanti le indagini prima che fosse troppo tardi. Perché quei veleni, che lui era andato a scavare con le proprie mani, lo avrebbero presto o tardi ucciso, e lui se ne rendeva conto. C’era sempre qualcuno che rallentasse la sua azione, qualcuno votato all’insabbiamento delle prove, o a mettergli i bastoni fra le ruote. Così, mi sento onorato nell’interpretare la sua figura nella fiction che Raiuno manderà in onda domani e martedì in prima serata: “Io non mi arrendo” non è la biografia di un ostinato uomo di legge, ma è la storia di noi tutti. Non possiamo dimenticare che l’orrore dei rifiuti tossici coinvolgeva un mercato ortofrutticolo della zona, tra i più importanti d’Italia. Che secondo gli inquirenti gli eterni ritardi nel completamento della Salerno-Reggio Calabria siano dovuti proprio all’interramento di questo materiale lungo l’autostrada. E che l’Italia è piena di altre “terre dei fuochi” per esempio al Nord-Est. Mancini aveva un cruccio: “Spero che tra vent’anni”, diceva allora “a bonificare quelle terre martoriate possano essere gli stessi che sversarono i veleni”. E oggi, come sappiamo, c’è la partita degli ingenti fondi Ue. Però non vorrei che questa vicenda raccontata nella fiction sia percepita come luttuosa: Roberto era un uomo spiritoso e brillante anche nei momenti più tragici. Sua moglie Monika, coinvolta in una sceneggiatura totalmente aderente alla realtà, mi ha fatto un gran complimento sul set, quando recitavo una scena drammatica di suo marito alle prese con la chemioterapia. Con gli occhi lucidi mi ha detto: “Ecco, ora potrei innamorarmi di nuovo””.
Beppe Fiorello ha ampiamente argomentato anche nella prefazione all’interessante libro “Io, morto per dovere” (edizione Chiarelettere”), in libreria dall’ 11 febbraio, scritto da Luca Ferrari e Nello Trocchia per ricordare la figura di Roberto Mancini. Nel libro si racconta che il processo, iniziato nel 2011, non è ancora terminato. Il big degli imputati è Cipriano Chianese, “l’inventore dell’ecomafia”. Le persone che, secondo la Magistratura di Napoli fanno parte del clan criminale che ha distrutto grandi aree della Campania, non hanno pagato lo scotto dovuto alla Legge. Eppure, quasi vent’anni fa, Roberto Mancini, Ispettore di Polizia in servizio alla Criminalpol, consegnava un’articolata informativa alla Procura della Repubblica napoletana. Nella premessa si legge che si vuole “Spiegare come camorristi, imprenditori ‘ecomafiosi’, usurai, banchieri, bancari e professionisti della finanza possano concorrere, da luoghi e con tempi e ruoli diversi, alla realizzazione di un progetto unico dagli effetti letali per il sistema economico nazionale e per l’ambiente”.
Trascriviamo alcuni punti salienti del libro.
-” L’essere quel che sono mi ha penalizzato. La professionalità dovrebbe essere l’unico elemento di giudizio. E invece no! È obbligatorio obbedire agli ordini superiori al di là di ogni buon senso e così la carriera è assicurata…..” (pag.30; sono parole dell’Ispettore);
-“Voglio credere che allora non fossero ancora maturi i tempi…”(pag.6; così Mancini prima di morire commenta le sue indagini);
– “Una riconosciuta ed encomiata professionalità che ha scontato l’essere indisponente e con un carattere di merda che ha impedito la giusta collocazione……” ( pag.12; appunto scritto da uno dei superiori di Mancini e lasciato sulla sua scrivania);
– ” Talvolta l’illegalità è l’unico modo per affermare un diritto e talvolta la legalità è solo uno strumento di sopraffazione….” (pag.28);
– ” Roberto ha pagato con la vita. Metà del gruppo ha riportato sulla propria pelle le conseguenze di quell’inchiesta sepolta senza ritegno nei cassetti. Per noi è stato uno schianto…..” ( pag. 55; dalla testimonianza di un collega e componente del Nucleo Investigativo di Roberto Mancini );
– “Era ed è un avvocato molto ben inserito, con rapporti a tutti i livelli, dal Giudice al Generale, dall’alto funzionario ai Magistrati, fino ad arrivare al referente del clan dei Casalesi. Era il vero motore dell’affare del traffico dei rifiuti…..” (pag.54; Mancini su Cipriano Chianese, avvocato e imprenditore nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Secondo l’accusa, l’uomo ora a processo, avrebbe fornito al crimine organizzato il know-how per fare affari con gli scarti più pericolosi e nocivi…..);
– “Io non ho mai cercato nessuno, sono sempre gli altri a cercarmi. Me l’hanno proposto nel 1994,nel 1995, negli anni duemila….” (pag. 66; così l’avv. Chianese commenta la sua collaborazione con il Ministero dell’Ambiente nella gestione dell’emergenza rifiuti in Campania);
– “Quando aprivano le cisterne, i topi morivano stecchiti. All’istante…..” ( pag. 71; dalla testimonianza del pentito Gaetano Vassallo).
La squadra di Roberto Mancini lavorava proprio su quel business sottovalutato sebbene nel 1992, il boss pentito Nunzio Perrella avesse aperto gli occhi agli inquirenti con una frase choc al Magistrato che lo interrogava: “La monnezza è oro, dotto’, e la politica è una monnezza”. Il Commissario Mancini è stato ucciso dal cancro il 30 aprile 2014, che ha contratto proprio mettendo le mani in quel territorio che gente senza scrupoli e senza rispetto per il futuro ha riempito di veleni; “Vittima del dovere” per il Ministero dell’Interno. “La sua informativa è del 1996, molti dei responsabili indicati sono solo oggi sotto processo e non ancora è arrivata la sentenza. Cipriano Chianese veniva indicato già allora come dominus di un sistema affaristico criminale. La capacità di Roberto è stata quella di proseguire quel lavoro di indagine, è stato il primo poliziotto da investigatore a capire il quadro di responsabilità: imprenditoria, politica e massoneria con la camorra nel ruolo di manovalanza per garantire copertura territoriale e ottenere molti soldi. Il clan dei Casalesi e gli altri che hanno fatto affari hanno consentito di avvelenare la terra che calpestano i loro figli….. Come loro e anche di più ci sono i professionisti che si sono messi al servizio del crimine”.
Ma è possibile, aggiungiamo noi quali liberi cittadini e liberi pensatori, che la Politica di tutti i colori e tendenze, che di tanto in tanto con sicumera si agita allarmata con frasi roboanti ad effetto, nulla sapeva? Ma la Politica, insistiamo, aveva conoscenza di quel che accadeva nella “Terra dei fuochi” dove, oltre ai roghi tossici, erano sempre più forti le proteste di comitati, di Parroci e cittadini? Avvertirono, loro, i politici, la necessità della doverosa informazione sul rapporto tra tumori e discariche illegali?
Sentirono, nella loro coscienza, che costituiva obbligo valutare le ricerche scientifiche che riguardavano mortalità e incidenza delle patologie oncologiche in talune aree della Campania? Che aggiungere di più? Nulla; solo il convincimento che la morte del valoroso Commissario Mancini è stata causata dalle vistose carenze dello Stato; piaccia o no! Intanto, si renda il dovuto omaggio a questo Eroe della Patria, con la concessione della meritata Medaglia d’Oro al Valor Civile!
Nostro articolo su questo giornale: “Roberto Mancini, un eroico combattente della legalità ambientale!” del 02 Maggio 2014.