Una sentenza predestinata ad arrivare “fuori tempo massimo”
Roma, 12 gennaio 2018 – Da troppo tempo ormai, la lentezza esasperante della giustizia italiana viene puntualmente e sistematicamente denunciata e condannata dai legali rappresentanti dell’Unione Europea con effetti irrilevanti e nessuno ha mai eccepito nulla perché è una verità che sta sotto gli occhi di tutti.
Le perplessità sorgono, semmai, quando vengono conosciuti e verificate le procedure e la tempistica della Suprema Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, le cui decisioni sono definitive ed inappellabili che possono influire su singoli individui ed intere comunità.
Preso, quindi, atto che la stessa Corte impiega tempi biblici, sorge spontanea la domanda:” ma da quale pulpito viene la predica?”.
Non siamo certamente noi i difensori d’ufficio di Silvio Berlusconi (può permettersene anche troppi), non portiamo in tasca tessere di Forza Italia, né facciamo il tifo il centro-destra, tuttavia, stando a contatto con la gente comune, si recepisce il disappunto per quanto sta accadendo.
Infatti, dopo circa 3 anni dal ricorso presentato dai legali dell’ex Presidente del Consiglio, a tutt’oggi non si sa nulla sulla scottante vicenda.
È ovvio che qualora venisse giudicato colpevole paghi il suo debito con la giustizia, ma in caso contrario non si può tenere sulla graticola accesa un personaggio impegnatissimo sia come politico che come imprenditore.
Immaginiamo, con larghissima approssimazione, che l’ultra 80enne ex cavaliere non aspiri più ad insediarsi nuovamente a Palazzo Chigi, ma è certo che, essendo impegnato come coordinatore, tessitore e mediatore di un ambizioso raggruppamento politico alla vigilia delle elezioni generale del Paese dall’esito assai incerto, una sentenza di innocenza o di condanna potrebbe provocare effetti molto importanti.
Sembra, però, che il pronunciamento arrivi dopo la data delle elezioni e, quindi, “fuori tempo massimo” perché, molto verosimilmente, anche i giudici della Suprema Corte, sono consapevoli dei risvolti notevoli che provocherebbe una condanna od un assoluzione in un appuntamento così importante per la nostra vita democratica per cui il rinvio viene già dato per scontato.