I risultati dei ballottaggi di domenica scorsa per l’elezione dei sindaci, sono stati a dir poco devastanti per il PD che hanno invece rilanciato il centro-destra a trazione leghista.
Infatti, Matteo Salvini, ministro dell’Interno e capo indiscusso ed indiscutibile del “Carroccio”, è diventato l’uomo politico più popolare del momento e se si votasse oggi, stravincerebbe sull’intero territorio nazionale.
Anche il capo del M5S Luigi Di Maio, ha fatto la sua parte molto importante, sebbene traspare un po’ di dilettantismo progettuale ed operativo, ma appare normale per un neofita della politica e le sue qualità (se ci sono) si vedranno già nel breve e medio termine.
Chi è veramente uscito con “le ossa rotte” è il PD e soprattutto gli eredi del vecchio PCI che hanno visto sgretolarsi persino le cosiddette “roccaforti rosse” del partito, azionista di maggioranza da sempre, specie in Emilia-Romagna e Toscana.
Se solo si pensa di aver perso l’amministrazione di città come Siena, Pisa, Massa Carrara ed altri grossi centri evoluti ed industrializzati, dove i candidati Dem non hanno mai dovuto ricorrere al ballottaggio perché sempre eletti al primo turno, allora la disfatta assume proporzioni e contorni molto preoccupanti per l’intero popolo della sinistra italiana.
È chiaro che ragionando col cosiddetto “senno del poi”, tutti potremmo esprimere ipotesi e congetture diverse e variegate e forse anche realistiche e razionali, ma i fatti resterebbero immutabili ed incancellabili.
Di certo è che i due indiscussi capi dell’attuale maggioranza devono essere ancor più concreti e realistici, evitando innanzitutto di fare delle promesse che non potranno mantenere.
Inoltre non dovranno mai personalizzare i vari e tanti problemi come ha fatto Matteo Renzi che ha pagato a caro prezzo la sua arroganza e la sfrenata megalomania.
Per onestà intellettuale, corre l’obbligo di sottolineare che costoro sono alla guida del Paese solo da poche settimane, per cui qualsiasi valutazione potrebbe rivelarsi inattendibile e poco seria.