Il disastro, i cui effetti si riverseranno anche sulle generazioni future, è capitato in un momento politicamente difficile perché è tuttora in corso un’aspra campagna elettorale per il referendum costituzionale che ha, di fatto, spaccato in due gli elettori italiani.
Ebbene, questo non è il momento delle divisioni e delle speculazioni perché è in gioco la sopravvivenza di migliaia e migliaia di nostri connazionali, colpevoli solo di vivere e lavorare nelle proprie comunità.
È chiaro che dovrà essere il governo di Roma a progettare e fare approvare dal Parlamento, senza le ricorrenti lungaggini procedurali, i provvedimenti necessari per fronteggiare questa immane calamità naturale.
Il premier Renzi può piacere o meno, si può sostenere il suo modo di governare o si può anche declinare un eventuale invito di prendere un caffè al Bar, ma attualmente è il capo del governo italiano sul quale sono puntati i riflettore di tutto il mondo.
Ci rendiamo perfettamente conto di quanto sia difficile ripristinare l’agibilità delle comunità colpite e rase al suolo, e non ignoriamo le obiettive difficoltà di avviare la ricostruzione, ma siamo certi che chiunque cercasse di anteporre e privilegiare i propri interessi e di bottega a questo immane cataclisma, significherebbe votarsi al suicidio politico ed istituzionale.
Purtroppo i pericoli di nuove scosse non sono cessati perché la terra continua a tremare e nessun lembo del territorio nazionale può “chiamarsi fuori”.
In circostanze così drammatiche, l’augurio che possiamo farci, tutti insieme, è sperare che il peggio sia passato e che ciascuno faccia la propria parte nell’interesse generale dell’intero Paese.