E dopo Sallusti condannato, Direttori, attenzione ai titoli!

12 mesi di carcere al direttore del”Giornale” Sallusti  per  responsabilità oggettiva. Ritengo assai verosimile che alla stragrande maggioranza degli italiani, fatta eccezione per gli “addetti ai lavori”, non interessi molto il cosiddetto “berlusconismo” ostentato in tutte le salse dal direttore de “IL GIORNALE”, Alessandro Sallusti, anche se si tratta di un giornalista schierato e nei suoi editoriali sostiene apertamente la politica di centro-destra.

Brevissima sintesi del fatto. Correva l’anno di grazia 2007 quando un collaboratore del quotidiano “LIBERO”, di cui Sallusti era direttore responsabile, scrisse un articolo alquanto critico su un magistrato tutelare, il quale, ritenendosi  vittima di un attacco molto pesante, presentò querela per diffamazione a mezzo stampa, (art. 596 bis C.P.), reato che, come molti sanno, usufruisce generalmente di una corsia preferenziale.

Nel primo grado di giudizio, il direttore responsabile di “LIBERO” viene condannato ad una pena pecuniaria pari a 5.000 euro per responsabilità oggettiva, ma la parte lesa non si ritiene soddisfatta e fa ricorso alla Corte d’appello di Milano che inasprisce la pena portandola ad  un anno e due mesi di detenzione. Si arriva così in Cassazione dove i giudici, in data 26.9.c.a., nonostante il Procuratore generale avesse chiesto uno sconto della pena stessa, confermano il giudizio di 2° grado, senza condizionale. Per questi motivi, il direttore Sallusti, avrebbe già dovuto varcare la soglia del carcere tra le proteste bipartisan da parte dei media e degli stessi esponenti politici di primo piano, ma le ultimissime notizie parlano di una sospensione della pena per 30 giorni.

Non conosco i dettagli processuali, né l’iter procedurale della complicata vicenda, ma ritengo tuttavia alquanto sproporzionata la condanna specie se comparata con quanto accade ogni giorno nella realtà contemporanea.

Ricordo di aver letto da qualche parte che l’Italia era universalmente riconosciuta come “Culla di civiltà” e “Patria del diritto”, per cui se le parole hanno un senso dovremmo essere d’esempio agli operatori di giustizia di tutta l’Europa e del mondo.

La mia non vuole essere una difesa d’ufficio del “condannato”, né, tanto meno, delle sue ideologie politiche che si possono condividere, ignorare o spedirle al mittente. Quanto alla suprema Corte c’è ben poco da dire perché i componenti del Collegio si sono limitati ad applicare alla lettera le sanzioni previste  da una legge ereditata dal vecchio regime fascista.

Infatti, fatta eccezione per le dittature di destra e di sinistra, di tutto il mondo civile, la libertà di stampa viene sempre considerata uno dei pilastri fondamentali della civiltà moderna e nel caso di eventuali abusi, la condanna prevede sempre e soltanto pene pecuniarie,

In questo senso si è espresso anche il nostro ministro guardasigilli, prof.ssa Paola Severino,  ed altri personaggi, senza contare l’attenzione espressa dal presidente Napolitano, il tutto finalizzato a modificare una legge in vigore da oltre 60 anni.

Preso atto di questo stato di cose, se ne deduce che i veri colpevoli sono i politici succedutisi sugli scranni  del Senato e della Camera dei deputati, i quali non hanno mai trovato il tempo per rivedere ed aggiornare una legge a “costo zero”.

Nella circostanza non posso e non voglio dimenticare le parole del simpatico e celebre scrittore Giovannino Guareschi, primo giornalista della Repubblica italiana a scontare interamente la pena di 409 giorni nelle patrie galere per il “reato di diffamazione a mezzo stampa”.

L’autore dei celebri personaggi don Camillo e Peppone, non ha mai voluto chiedere la grazia, né ha mai pensato di proporre appello al giudizio di primo grado.

I querelanti erano niente po…po…di meno che Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi.

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