E quale sarebbe la necessità di aver disposto lo scioglimento del benemerito Corpo Militare della Croce Rossa Italiana?

La Croce Rossa Italiana, da ente di diritto pubblico si trasformerà gradualmente in associazione privata di interesse pubblico non più finanziata dallo Stato ma dalle sue attività. La riforma sarà attuata entro il 2017, secondo il Decreto Legislativo del Consiglio dei Ministri. Evento “storico”, si dice, per un Ente che ha come scopo l’assistenza sanitaria e sociale in pace e in guerra, sottoposta alla vigilanza di ben tre Ministeri, quelli della Salute, dell’ Economia e della Difesa. Il testo, presentato dal Ministro della Salute Balduzzi, ha tenuto conto dei pareri di Camera e Senato.

Il Commissario attuale, Francesco Rocca, decadrà a fine anno; saranno a quel punto i volontari ad eleggere il nuovo Presidente e le altre cariche; sei mesi più tardi sarà approvato il nuovo statuto. Nel 2014 nascerà un’associazione privata di interesse pubblico e il vecchio ente Croce Rossa sarà sciolto a fine 2016 ma fino ad allora gestirà il grande patrimonio immobiliare. L’obiettivo del decreto è quello di modernizzare un organismo complesso e dalla gestione costosa, suddiviso in sei gruppi: Volontari del Soccorso, Comitato Femminile, Pionieri, Infermiere, Donatori di sangue, Corpo Militare. Fin qui tutto bene, se si tratta di razionalizzare e adeguare lo strumento a criteri generali di efficienza di stampo europeo.

Ma tutto questo cos’ha a che vedere con l’abolizione della parte nobile della CRI qual è appunto il Corpo Militare?

Tra l’altro, si prevederebbe che degli attuali 1.200 militari ne resteranno in servizio 2 o 300, col passaggio del restante personale al ruolo civile; una fase intermedia perché il personale militare scomparirà del tutto. Per avere un’idea di cos’è stato e cosa ha fatto in passato il Corpo Militare CRI, assistiamo idealmente ad un bel lungometraggio che ci fa sapere che è stato impiegato nel terremoto di Ischia nel 1883, nei terremoti Calabro – Siculi del 1905 – 1908, nell’incendio di Smirne, nella tremenda carestia di Russia del 1922, sino ai soccorsi in Albania nel 1924 – 1930 ed, in tempi più recenti, in tantissime altre calamità, quali l’alluvione di Firenze nel 1966, il terremoto del Belice, nella Sicilia occidentale, del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, l’alluvione della Valtellina del 1987, il terremoto dell’Armenia del 1989, i soccorsi alla Romania del 1990.

In tutto questo, il Corpo Militare CRI è stato sempre presente.

Nell’agosto del 1993, poi, su disposizione del Governo Italiano, il Corpo Militare della C.R.I. ha impiantato nell’area dell’Aeroporto di Falconara l’Ospedale da campo n. 68 per l’accoglienza, la cura e lo smistamento dei feriti provenienti dalla ex – Jugoslavia, ed in particolare dalla Bosnia. L’Ospedale ha proseguito la sua attività operativa per il 1994/95 con compiti sanitari giornalieri molto intensi a sostegno del ponte aereo di soccorso dell’O.N.U. In periodo bellico, dal settembre 1943, Unità Militari della Croce Rossa si prodigarono per il soccorso dei feriti durante i combattimenti per la difesa di Roma (Porta S.Paolo) ed in tutti gli ambiti che opposero resistenza ai Tedeschi. Nei Balcani, l’armistizio sorprese un Gruppo di Ospedali da Campo C.R.I. mobilitato, dislocato in Montenegro e articolato su tre Ospedali attendati, il 73°, il 74° e il 79°; i resti di tali formazioni, dopo giorni di marcia a piedi, si ricongiunsero con le Divisioni “Venezia” e “Taurinense”, confluendo quindi nella Divisione italiana “Garibaldi” ove operarono fino al termine del conflitto. In Italia, formazioni organiche del Corpo Militare della Croce rossa Italiana nelle quali erano in forza, come sempre, anche le Infermiere Volontarie, venivano impiegate nell’ambito di unità del ricostituito Esercito Italiano. Con la partecipazione attiva alla Resistenza, suggellata con l’olocausto alle Fosse Ardeatine di due Ufficiali, il Tenente Medico CRI Luigi Pierantoni ed il Sottotenente Commissario CRI Guido Costanzi, il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana dava alla Resistenza ed alla guerra di liberazione un’ ulteriore silenziosa prova di valore, di patriottismo, di dedizione ai più alti ideali di italianità e libertà. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Ospedale da Campo n. 68, fu inviato, nell’ottobre 1951, sotto l’egida ONU, a partecipare alla Guerra di Corea e vi rimase dislocato fino al Gennaio 1955, inquadrato nell’8^ Armata USA. Nel Settembre 1960 un Ospedale di emergenza da 100 letti (n. 010) venne inviato nel Katanga per l’assistenza Sanitaria alle Forze dell’ ONU operanti nel Congo.

Ovviamente, anche in tempo di pace, come sino a questi giorni, l’opera del Corpo ha avuto modo di rifulgere, in numerosissimi eventi, in ammirevoli prove di solidarietà nazionale ed internazionale che per motivi di spazio non raccontiamo.

Con legge 25.06.1985 n. 342, per le sue  eccezionali benemerenze, è stata concessa al Corpo Militare della C.R.I., ausiliario delle FF.AA dello Stato, la Bandiera di Guerra. ( da: www.cri.it e “Le Forze Armate dalla Guerra di Liberazione alla nascita della Repubblica 1943-1947” del Generale C.d’A. Luigi Poli, Roma 1997). Bene, tutto questo patrimonio di nobilissime tradizioni militari e di elevatissima professionalità lo si vuole azzerare in nome di cosa? Qualcuno lo spieghi! La si smetta, in Italia, di mettere la testa sotto la sabbia e far finta di niente, soprattutto in materie così delicate.

E allora?

Dopo lo scioglimento del benemerito Corpo Militare della CRI qualcuno pensa di abolire anche l’Arma dei Carabinieri? Sappiamo bene che ci sono da tempo progetti di unificazione in tal senso, studiati dal Ministro Leghista Maroni, ma rimandati alla valutazione del Parlamento che nascerà dalle prossime elezioni, come sostenuto autorevolmente dal Ministro dell’Interno Cancellieri.

Quel che preoccupa è il silenzio di tanti soggetti responsabili! Non vorrei che quel che è successo alla CRI Militare, la cui fine è passata come semplice fatto amministrativo per razionalizzazione di spesa, domani accadesse anche all’Arma con un assordante silenzio.

Però, attenzione, siamo in tanti a svolgere sull’argomento incisiva vigilanza e saremo in tanti ad essere indignati, se necessario!

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